Ilva in 18 anni ha creato mega
discarica in maresuoloacqua
TARANTO – Otto pagine di accuse che spiegano perchè si è stati costretti ad abbattere oltre duemila capi di bestiame contaminati dalla diossina o perchè nel primo seno del Mar Piccolo, quello più vicino alla grande fabbrica, non si possa più coltivare mitili ed ora gli impianti sono in fase di trasferimento in Mar Grande. E’ la parte dell’avviso di chiusura delle indagini preliminari dell’inchiesta per disastro ambientale a carico dell’Ilva nella quale la Procura della Repubblica di Taranto accusa il Gruppo Riva e la sua dirigenza di aver creato in 18 anni, dal 1995 (anno della privatizzazione dell’Italsider) ad oggi, una sorta di mega-discarica abusiva danneggiando, in alcuni casi forse irrimediabilmente, il territorio.
I militari della Guardia di Finanza stanno ultimando la notifica dell’avviso di chiusura indagini ai 53 indagati (50 persone fisiche e tre società). Tra di loro, oltre ai vertici del Gruppo Riva e alla dirigenza di stabilimento, compaiono anche politici (dal governatore della Puglia, Nichi Vendola, al sindaco di Taranto, Ippazio Stefano, all’ex presidente della Provincia, Giovanni Florido, ad un deputato, ad assessori e consiglieri regionali), funzionari e manager. Ad un indagato, il vice presidente di Riva Fire, Fabio Riva, in libertà vigilata a Londra dal gennaio 2013, l’avviso di chiusura indagini, che ha valore di informazione di garanzia, è stato inviato per posta tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, come prevede il codice di procedura penale.
Ma sono quelle otto pagine a pesare forse ancora di più perchè, se saranno riconosciute aderenti alla realtà, sarebbero lo specchio del prezzo pagato dalla città di Taranto al disastro ambientale e ai mancati controlli. I magistrati parlano di "attività di deposito incontrollato di rifiuti sul suolo non pavimentato con immissione diretta di inquinanti nel sistema acqua-suolo (suolo-falda superficiale-mare)".
Si contesta, tra l'altro, una "attività di miscelazione di ingenti quantità di catrame, derivante dalle attività di cokefazione, con altre sostanze pericolose quali naftalene e benzolo".
Il tutto senza autorizzazioni e ottenendo un vantaggio patrimoniale sia dalla vendita del catrame miscelato, sia dal mancato smaltimento di rifiuti speciali pericolosi. Le otto pagine in questione si chiudono contestando, ad un gruppo di indagati, di aver omesso di "attuare le cautele in materia di rischi industriali connessi all’uso di determinate sostanze pericolose" all’Ilva, fabbrica "a rischio di incidente rilevante", e questo sia in ordine alla gestione degli impianti e della produzione, sia in termini di prevenzione.
Si contesta, tra l'altro, una "attività di miscelazione di ingenti quantità di catrame, derivante dalle attività di cokefazione, con altre sostanze pericolose quali naftalene e benzolo".
Il tutto senza autorizzazioni e ottenendo un vantaggio patrimoniale sia dalla vendita del catrame miscelato, sia dal mancato smaltimento di rifiuti speciali pericolosi. Le otto pagine in questione si chiudono contestando, ad un gruppo di indagati, di aver omesso di "attuare le cautele in materia di rischi industriali connessi all’uso di determinate sostanze pericolose" all’Ilva, fabbrica "a rischio di incidente rilevante", e questo sia in ordine alla gestione degli impianti e della produzione, sia in termini di prevenzione.
E mentre è scattato il conto alla rovescia per chi tra gli indagati, entro 20 giorni dalla notifica, intende depositare memorie difensive o chiedere di essere interrogato dai magistrati, in città si registrano reazioni diverse alla chiusura dell’inchiesta-madre sull'Ilva (restano fuori quelle sulle discariche e sull'utilizzo delle acque, settori per i quali è in fase di revisione l’Aia).
"Fino a quando gli impianti inquinanti resteranno attivi fingendo inutili opere di bonifica e non saranno salvaguardate la salute ed il lavoro dei tarantini, noi non avremo nulla da festeggiare" sottolinea in una nota il comitato 'Cittadini e lavoratori liberi e pensantì, di cui fanno parte diversi dipendenti dell’Ilva e i contestatori che bloccarono il comizio dei segretari nazionali dei sindacati confederali a Taranto il 2 agosto 2012. La Uil Puglia, da parte sua, ha annunciato che chiederà di costituirsi parte civile nel processo. Così come faranno alcune associazioni ambientaliste. lagazzettadelmezzogiorno
"Fino a quando gli impianti inquinanti resteranno attivi fingendo inutili opere di bonifica e non saranno salvaguardate la salute ed il lavoro dei tarantini, noi non avremo nulla da festeggiare" sottolinea in una nota il comitato 'Cittadini e lavoratori liberi e pensantì, di cui fanno parte diversi dipendenti dell’Ilva e i contestatori che bloccarono il comizio dei segretari nazionali dei sindacati confederali a Taranto il 2 agosto 2012. La Uil Puglia, da parte sua, ha annunciato che chiederà di costituirsi parte civile nel processo. Così come faranno alcune associazioni ambientaliste. lagazzettadelmezzogiorno
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