giovedì 31 ottobre 2013

I TARANTINI CONDANNATI NEL BRACCIO DELLA MORTE LA COLPA...LA NECESSITA' DI LAVORO

Ilva in 18 anni ha creato mega
discarica in maresuoloacqua

TARANTO – Otto pagine di accuse che spiegano perchè si è stati costretti ad abbattere oltre duemila capi di bestiame contaminati dalla diossina o perchè nel primo seno del Mar Piccolo, quello più vicino alla grande fabbrica, non si possa più coltivare mitili ed ora gli impianti sono in fase di trasferimento in Mar Grande. E’ la parte dell’avviso di chiusura delle indagini preliminari dell’inchiesta per disastro ambientale a carico dell’Ilva nella quale la Procura della Repubblica di Taranto accusa il Gruppo Riva e la sua dirigenza di aver creato in 18 anni, dal 1995 (anno della privatizzazione dell’Italsider) ad oggi, una sorta di mega-discarica abusiva danneggiando, in alcuni casi forse irrimediabilmente, il territorio.
I militari della Guardia di Finanza stanno ultimando la notifica dell’avviso di chiusura indagini ai 53 indagati (50 persone fisiche e tre società). Tra di loro, oltre ai vertici del Gruppo Riva e alla dirigenza di stabilimento, compaiono anche politici (dal governatore della Puglia, Nichi Vendola, al sindaco di Taranto, Ippazio Stefano, all’ex presidente della Provincia, Giovanni Florido, ad un deputato, ad assessori e consiglieri regionali), funzionari e manager. Ad un indagato, il vice presidente di Riva Fire, Fabio Riva, in libertà vigilata a Londra dal gennaio 2013, l’avviso di chiusura indagini, che ha valore di informazione di garanzia, è stato inviato per posta tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, come prevede il codice di procedura penale.
Ma sono quelle otto pagine a pesare forse ancora di più perchè, se saranno riconosciute aderenti alla realtà, sarebbero lo specchio del prezzo pagato dalla città di Taranto al disastro ambientale e ai mancati controlli. I magistrati parlano di "attività di deposito incontrollato di rifiuti sul suolo non pavimentato con immissione diretta di inquinanti nel sistema acqua-suolo (suolo-falda superficiale-mare)".

Si contesta, tra l'altro, una "attività di miscelazione di ingenti quantità di catrame, derivante dalle attività di cokefazione, con altre sostanze pericolose quali naftalene e benzolo".

Il tutto senza autorizzazioni e ottenendo un vantaggio patrimoniale sia dalla vendita del catrame miscelato, sia dal mancato smaltimento di rifiuti speciali pericolosi. Le otto pagine in questione si chiudono contestando, ad un gruppo di indagati, di aver omesso di "attuare le cautele in materia di rischi industriali connessi all’uso di determinate sostanze pericolose" all’Ilva, fabbrica "a rischio di incidente rilevante", e questo sia in ordine alla gestione degli impianti e della produzione, sia in termini di prevenzione.
E mentre è scattato il conto alla rovescia per chi tra gli indagati, entro 20 giorni dalla notifica, intende depositare memorie difensive o chiedere di essere interrogato dai magistrati, in città si registrano reazioni diverse alla chiusura dell’inchiesta-madre sull'Ilva (restano fuori quelle sulle discariche e sull'utilizzo delle acque, settori per i quali è in fase di revisione l’Aia).

"Fino a quando gli impianti inquinanti resteranno attivi fingendo inutili opere di bonifica e non saranno salvaguardate la salute ed il lavoro dei tarantini, noi non avremo nulla da festeggiare" sottolinea in una nota il comitato 'Cittadini e lavoratori liberi e pensantì, di cui fanno parte diversi dipendenti dell’Ilva e i contestatori che bloccarono il comizio dei segretari nazionali dei sindacati confederali a Taranto il 2 agosto 2012. La Uil Puglia, da parte sua, ha annunciato che chiederà di costituirsi parte civile nel processo. Così come faranno alcune associazioni ambientaliste. lagazzettadelmezzogiorno

MONTECID’ORO - GLI STIPENDI DEGLI IMPIEGATI DELLA CAMERA SONO UNO SCHIAFFO ALLA MISERIA La busta paga di un centralinista, un elettricista o un barbiere della Camera dei Deputati a fine carriera raggiunge i 136mila euro l’anno (il segretario generale ne prende 400mila) - I “consiglieri parlamentari” arrivano a 350mila annui - Si attendono i dati del Senato…

I conti li ha fatti «United for a fair economy», organizzazione che da Boston si batte contro la diseguaglianze nella distribuzione della ricchezza. Dice una loro ricerca che se nel 1940 un amministratore delegato guadagnava 14 volte un lavoratore medio, oggi la proporzione è salita a 531 contro 1.
CORDONE DI PROTEZIONE ANTI RISSE DEI COMMESSI ALLA CAMERA FOTO ROBERTO GIACHETTI PDCORDONE DI PROTEZIONE ANTI RISSE DEI COMMESSI ALLA CAMERA FOTO ROBERTO GIACHETTI PD
E ci sono casi dove la distanza tra la base e il vertice di un'azienda è ancora maggiore: come per la Fiat, dove Sergio Marchionne guadagna 1.037 volte il suo dipendente medio. Un'esagerazione, la naturale evoluzione del capitalismo, oppure la giusta distanza? In ogni caso l'esatto opposto di quello che viene fuori sfogliando le tabelle allegate al bilancio della Camera dei deputati, in questi giorni all'esame dall'Aula.
La distanza fra base e vertice è minima, la piramide delle busta paga si schiaccia come nemmeno negli Stati Uniti del 1940. E non perché la retribuzione dei vertici sia bassa, ma perché quella della base è molto elevata.
Il vertice di Montecitorio, il segretario generale, ha stipendio e responsabilità analoghe a quelle dell'amministratore delegato di una grande azienda: entra con uno stipendio di poco superiore ai 400 mila euro lordi l'anno, ai quali si aggiunge l'indennità di funzione. Ma è scendendo verso la base nella piramide che cresce vertiginosamente la distanza delle retribuzioni dal mercato.
Gli operatori tecnici - categoria nella quale rientrano i centralinisti, gli elettricisti e pure il barbiere di Montecitorio - vengono assunti con uno stipendio che supera di poco i 30 mila euro lordi l'anno. Ma già dopo 10 anni la loro busta paga è quasi raddoppiata, superando quota 50 mila, e a fine carriera può arrivare a 136 mila euro l'anno.
SENATO VUOTOSENATO VUOTO
Tradotto: un elettricista, un centralinista e un barbiere della Camera, anche se a fine carriera, messi insieme guadagnano quanto il segretario generale, che è pur sempre a capo di 1.500 persone.
Una piramide schiacciata verso l'alto, appunto. E una fotografia che ha davvero poco a che fare con le busta paga del resto dei lavoratori, sia del settore privato che di quello pubblico. Per capire: il reddito medio degli italiani, al netto della nostra evasione fiscale record, si ferma di poco sotto i 20 mila euro lordi l'anno. Quasi la metà di un centralinista della Camera dei deputati ad inizio carriera. E di esempi possibili ce ne sono altri ancora.
Gli oltre 400 assistenti parlamentari, cioè i commessi di Montecitorio, guadagnano in media come il direttore di una filiale di banca, eppure in generale non svolgono compiti molto diversi dagli uscieri di altri simili uffici pubblici. Inoltre, sono numerosissimi: 0,7 per ogni deputato, dopo il taglio voluto dall'attuale segretario generale, mentre dieci anni fa il rapporto era addirittura 1 a 1.
LAURA BOLDRINI E AUNG SAN SUU KYILAURA BOLDRINI E AUNG SAN SUU KYI
La busta paga degli oltre 170 «consiglieri parlamentari» ha in media lo stesso peso di quella di un primario ospedaliero, ma a fine carriera supera i 350 mila euro l'anno. Mentre il primario ha la responsabilità di un reparto, i consiglieri si limitano a svolgere attività di studio e ricerca, o di assistenza giuridico legale e amministrativa. Tutto bene così?
LAURA BOLDRINI CON IL FRATELLO UGOLAURA BOLDRINI CON IL FRATELLO UGO
In realtà a complicare i conteggi c'è anche quella selva di indennità che si aggiungono allo stipendio minimo e che riguardano tutti i livelli dell'amministrazione: dai 662 euro netti mensili riservati al segretario generale giù fino ai 108,97 euro, sempre netti e al mese, per gli autisti parcheggiatori, passando per gli 85 riservati a chi lavora in cucina e per i 108 incassati dagli addetti al recapito della corrispondenza.
pietro grasso articlePIETRO GRASSO ARTICLE
Ma, pur con la sua piramide schiacciata verso l'alto, la Camera almeno un merito ce l'ha. L'approvazione del bilancio arriva dopo che già quest'estate i dati sugli stipendi dei dipendenti erano stati resi pubblici: un file scaricabile direttamente dal sito internet conferma quelli che per anni erano stati solo sussurri e pettegolezzi.
Un'operazione trasparenza, che al Senato non si è ancora vista. Da settimane si dice che gli stessi dati dovrebbero essere pubblicati a breve da Palazzo Madama. Anche quella è una piramide schiacciata, anche quella verso l'alto, probabilmente un po' più in alto rispetto alla Camera. Ma per il momento bisogna accontentarsi di qualche vecchio dato e di qualche nuovo sussurro.

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Arrestatato 38enne a Taranto trasportava due chili di cocaina

TARANTO - Un uomo è stato sorpreso mentre trasportava a bordo della sua auto due chili di cocaina destinata allo spaccio, è stato bloccato e arrestato dai carabinieri di Taranto. Si tratta di Massimiliano Cocciolo, di 38 anni, che era sottoposto alla misura alternativa dell’affidamento in prova.

Una pattuglia di militari ha incrociato l'uomo alla guida di una Fiat Punto mentre transitava in viale Unicef e lo ha fermato per un controllo. Cocciolo, privo di patente di guida, aveva nascosto sotto un sedile dell'auto due panetti di cocaina. 

Oltre alla detenzione dell'ingente quantitativo di droga, dovrà rispondere della guida senza patente e dell’inosservanza degli obblighi imposti dalla misura alternativa dell’affidamento in prova. ilnuovoquotidianodipuglia

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mercoledì 30 ottobre 2013

Ilva, chiuse le indagini: 53 indagati Anche Vendola, Nicastro, Fratoianni e il sindaco di Taranto/I DOCUMENTI Si tratta dell'inchiesta per disastro ambientale Il governatore avrebbe tentato di "far fuori" il direttore Arpa

TARANTO -C'è di tutto nell'elenco degli indagati dell'inchiesta-madre per disastro ambientale e avvelenamento di sostanze alimentari a carico dell'Ilva, ai quali oggi la Guardia di Finanza ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari. Il nome nuovo è quello del governatore della Puglia, Nichi Vendola, accusato di concussione aggravata, in concorso con i vertici del Gruppo Riva e un loro legale, per le presunte pressioni che avrebbe esercitato nei confronti del dg, Giorgio Assennato, e dello staff di Arpa Puglia per far ammorbidire una relazione del 2010 sulle emissioni inquinanti del Siderurgico. 

Gli altri nomi eccellenti. 
Quello di Vendola non è l'unico nome di esponente politico. Ci sono anche l'ex assessore regionale alle Politiche giovanili e attuale deputato di Sel Nicola Fratoianni, l'attuale assessore regionale all'Ambiente Lorenzo Nicastro (Idv) e il consigliere regionale Donato Pentassuglia (Pd), tutti accusati di favoreggiamento personale in relazione alla posizione di Vendola, così come lo stesso Assennato. E ancora: il sindaco di Taranto, Ippazio Stefano, già iscritto nei mesi scorsi nel registro degli indagati, per il quale si ipotizza l'abuso d'ufficio, l'ex presidente della Provincia di Taranto, Gianni Florido e l'ex assessore provinciale all'Ambiente Michele Conserva. 

La lista dei 53 indagati (50 persone fisiche più tre società, ovvero Riva Fire, Riva Forni Elettrici e Ilva spa, accusate di illeciti amministrativi) comprende i vertici del Gruppo Riva (dal 'patron' Emilio al presidente Ilva dimissionario, Bruno Ferrante) al management che ha guidato il Siderurgico in varie fasi dal 1995 ad oggi: a 17 indagati la Procura di Taranto (l'avviso di chiusura indagini è firmato dal Procuratore Franco Sebastio, dall'aggiunto Pietro Argentino e da altri quattro pm) contesta l'associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale. Tra questi c'è un gruppo di fiduciari, coloro cioè che - per l'accusa - avrebbero creato un 'governo-ombra' dell'Ilva di Taranto che rispondeva direttamente del proprio operato alla famiglia Riva bypassando spesso gli stessi dirigenti ufficiali, compresi i direttori di stabilimento. La lista degli indagati, per reati diversi, comprende anche dirigenti e funzionari regionali e del ministero dell'Ambiente (per questi ultimi è sotto accusa l'Autorizzazione integrata ambientale rilasciata al Siderurgico il 4 agosto 2011), ex consulenti del Tribunale, avvocati (c'è anche un legale dell'Ilva, Francesco Perli, al quale si contesta il reato associativo), un poliziotto, un carabiniere e un sacerdote. 

Nell'inchiesta sono confluiti i fascicoli riguardanti due incidenti sul lavoro mortali, per i quali un gruppo di dirigenti Ilva risponde di omicidio colposo e omissione di cautele sui luoghi di lavoro. Gli incidenti sono quelli che provocarono la morte di Claudio Marsella, operaio del Movimento ferroviario travolto da un locomotore esattamente un anno fa (30 ottobre 2012), e di Francesco Zaccaria, gruista volato giù in mare da 60 metri con la sua cabina nell'area Impianti Marittimi il 28 novembre 2012 al passaggio di un tornado. 

E mentre alcune associazioni ambientaliste annunciano già che chiederanno di costituirsi parte civile nell'eventuale processo, la Procura ha già individuato 258 parti lese dalle emissioni dell'Ilva, per lo più proprietari di case del quartiere Tamburi, a ridosso del Siderurgico. Fuori da questa inchiesta restano le indagini sull'utilizzo delle discariche per rifiuti pericolosi (soprattutto la Mater Gratiae) e delle acque. È un altro fronte complesso di accertamenti che vede la dirigenza del colosso d'acciaio ancora pesantemente sotto accusa.

Il provvedimento è stato firmato dal procuratore della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio, dal procuratore aggiunto, Pietro Argentino, e dai sostituti procuratori Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile, Remo Epifani e Raffaele Graziano. Quest'ultimo è titolare di due fascicoli d'inchiesta relativi ad incidenti mortali verificatisi all'Ilva di Taranto, fascicoli che sono stati inglobati nell'inchiesta-madre oggi chiusa. I reati contestati agli indagati vanno dall'associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale all'avvelenamento di sostanze alimentari, all'emissione di sostanze inquinanti con violazione delle normative a tutela dell'ambiente. 

I NOMI DEGLI INDAGATI

- Emilio Riva
- Nicola Riva
- Fabio Riva
- Luigi Capogrosso
- Marco Andelmi
- Angelo Cavallo
- Ivan Di Maggio
- Salvatore De Felice
- Salvatore D'Alò
- Girolamo Archinà
- Bruno Ferrante
- Adolfo Buffo
- Antonio Colucci
- Cosimo Giovinazzi
- Giuseppe Dinoi
- Giovanni Raffaelli
- Sergio Palmisano
- Vincenzo Dimastromatteo
- Lanfranco Legnani
- Alfredo Ceriani
- Giovanni Rebaioli
- Agostino Pastorino
- Enrico Bessone
- Giuseppe Casartelli
- Cesare Corti
- Giovanni Florido
- Michele Conserva
- Vincenzo Specchia
- Lorenzo Liberti
- Roberto Primerano
- Marco Gerardo
- Angelo Veste
- Giovanni Bardaro
- Donato Perrini
- Cataldo De Michele
- Nichi Vendola
- Ippazio Stefàno
- Donato Pentassuglia
- Antonello Antonicelli
- Francesco Manna
- Nicola Fratoianni
- Davide Pellegrino
- Massimo Blonda
- Giorgio Assennato
- Lorenzo Nicastro
- Luigi Pelaggi
- Dario Ticali
- Caterina Romeo
- Pierfrancesco Palmisano
- Ilva spa nella persona di Enrico Bondi
- Rive Fire spa nella persona di Massimo Riva
- Riva Forni elettrici nella persona di Federico Riva
ilnuovoquotidianodipuglia

E BRAVO E ONESTO IL NOSTRO SINDACO Ilva di Taranto, 53 persone indagate: Vendola accusato di concussione Concluse le indagini preliminari dell'inchiesta "Ambiente svenduto". Secondo la Procura, il governatore avrebbe fatto pressioni sul direttore generale dell’Arpa Puglia, Giorgio Assennato, su richiesta dei Riva, perché si ammorbidisse nei confronti del siderurgico tarantino. Coinvolto anche il sindaco Ippazio Stefano


C’è anche il governatore di Puglia Nichi Vendola tra i 53 indagati nell’inchiesta sull’Ilva di Taranto. Concussione ai danni del direttore generale dell’Arpa PugliaGiorgio Assennato. È questa l’ipotesi di reato contestata dal pool di inquirenti guidati dal procuratore Franco Sebastio che ha notificato gli avvisi di conclusione dell’indagine nella quale sono accusati del disastro ambientale e sanitario di Taranto Emilio, Nicola e Fabio Riva, i vertici della fabbrica e, con capi d’imputazione differenti, anche politici, funzionari ministeriali e locali, membri delle forze dell’ordine, un ex consulente della procura, un sacerdote e il sindaco di Taranto, Ippazio Stefano.
Negli atti dell’inchiesta “Ambiente svenduto” condotta dalla Guardia di finanza di Taranto, il governatore era stato indicato come protagonista di una “vicenda concussiva in danno del direttore regionale di Arpa Puglia Giorgio Assennato” e chiamato in causa per l’ipotesi di “mancato rinnovo nell’incarico, in scadenza nel febbraio 2011, per effetto delle sollecitazioni rivolte al governatoreVendola ed ai suoi più stretti collaboratori — tra gli altri l’allora capo-segreteria, Manna — proprio dai vertici Ilva”. In sostanza Vendola avrebbe fatto pressioni su Assennato, su richiesta dei Riva, perché si ammorbidisse nei confronti del siderurgico tarantino. Nelle diverse informative i finanzieri, guidati dal colonnello Salvatore Paiano e dal maggiore Giuseppe Dinoi, hanno infatti spiegato che “all’esito di quella vicenda concussiva e per effetto di essa, in realtà il prof. Assennato ridimensionerà (nei confronti dell’Ilva, ndr) il proprio approccio, fino a quel momento improntato al più assoluto rigore scientifico”.
Il suo intervento, secondo l’accusa, su richiesta dei Riva avrebbe permesso all’Ilva di neutralizzare le ostilità del direttore generale dell’Arpa che, secondo quanto riferito in un intercettazione captata dai militari, dopo l’intervento di Vendola “si è molto… responsabilizzato”. Una “responsabilizzazione” che spinge l’avvocato Franco Perli a suggerire a Fabio Riva di non intervenire oltre per la sua sostituzione perché “potremmo trovarcene anche uno molto peggio”. Il nome di Vendola, secondo le indiscrezioni, era già finito nel registro degli indagati da tempo, ma era rimasto segreto perché il presidente della regione Puglia non era mai stato destinatario di alcuna misura cautelare. Ma il lungo elenco di indagati è un vero e proprio terremoto per l’intera Regione Puglia.
Nel registro degli indagati sono finiti infatti anche l’assessore regionale all’ambiente ex ex magistrato Lorenzo Nicastro, l’ex assessore alle politiche giovanili Nicola Fratoianni, accusati di favoreggiamento nei confronti nei confronti di Vendola. Non solo. Dello stesso reato dovranno rispondere il direttore generale dell’Arpa Assennato e il direttore scientifico Massimo Blonda. Secondo il pool di inquirenti, anche dal procuratore aggiunto Pietro Argentino e dai sostitutitiMariano Buccoliero, Giovanna Cannarile, Remo Epifani e Raffaele Graziano (che ha coordinato le inchieste di due operai morti nell’Ilva ora confluite nell’inchiesta per disatsro ambientale) i vertici della Regione Puglia e dell’Arpa nell’interrogatorio dinanzi ai finanzieri come persone informate sui fatti, avrebbero negato le pressioni del governatore tentando così di coprire l’operato di Vendola.
Ma non è tutto. Perché nell’ultimo atto delle indagini preliminari spuntano anche i nomi di Donato Pentassuglia, consigliere regionale Pd accusato di favoreggiamento nei confronti di Archinà, e quelli del capo di Gabinetto Francesco Manna, del dirigente del settore Ambiente Antonello Antonicelli, dell’ex direttore dell’area Sviluppo economico della regione Puglia, Davide Filippo Pellegrino. Per i pm, insomma, un intero apparato al servizio dell’Ilva che scende anche nelle amministrazioni provinciali e comunali. Tornano infatti i nomi dell’ex presidente della provincia di Taranto, Gianni Florido, e l’ex assessore provinciale all’ambiente Michele Conserva arrestati entrambi a maggio scorso con l’accusa di aver fatto pressione su alcuni dirigenti perché concedessero all’Ilva l’autorizzazione all’utilizzo delle discariche interne (poi autorizzate con decreto del governo) e del sindaco di Taranto, Ippazio Stefano, accusa di non aver messo in atto come primo cittadino le misure necessarie per bloccare i danni alla salute dei tarantini causati dall’azienda.

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CI RISIAMO Ilva, 15 operai in infermeria Fumi forse per incendio

Quindici operai dell'Ilva sono stati portati in infermeria dopo aver avvertito sintomi di intossicazione probabilmente per aver inalato fumi usciti dalla Siviera di emergenza della Colata a caldo dell'Acciaieria 1, probabilmente a causa di un incendio. 

A farlo sapere il coordinatore provinciale di Taranto dell'Usb (Unione sindacale di base) Francesco Rizzo.

martedì 29 ottobre 2013

REGALO DI NATALE AMARO Gruppo Marcegaglia chiude a Taranto a casa 134 dipendenti

TARANTO – «Un’ennesima mazzata per questo territorio già martoriato da una crisi senza precedenti». Così i sindacati di categoria Fim, Fiom e Uilm commentano la decisione di Marcegaglia Buildtech di chiudere la sede di Taranto e mettere in mobilità 134 dipendenti. L’annuncio è arrivato questo pomeriggio, come un fulmine a ciel sereno, dopo un faccia a faccia tra azienda e organizzazioni sindacali. La sospensione dell’attività produttiva dello stabilimento tarantino è stata proclamata per il prossimo 18 novembre, alla scadenza della cassa integrazione ordinaria in corso. Il gruppo Marcegaglia già da tre anni ha dismesso a Taranto la produzione di caldaie industriali per riconvertirsi al fotovoltaico e produrre in proprio le lamine flessibili a film sottile, in silicio amorfo. Queste lamine vengono poi incollate su un pannello per ottenere un manufatto, il pannello , da utilizzare per la copertura dei tetti delle nuove costruzioni volte alla produzione di energia elettrica solare.

Il 29 settembre del 2011 fu presentato il piano industriale alla presenza del presidente della Regione Puglia Nichi Vendola. «Vogliamo fare di Taranto la capitale del fotovoltaico in Italia», disse in quella occasione Antonio Marcegaglia, amministratore delegato del gruppo. Ma le aspettative sono state disattese.

«La cessazione dell'attività del suo stabilimento di Taranto per la produzione di pannelli coibentati e di pannelli fotovoltaici – sostiene l’azienda in una nota – è causata dalla grave crisi che ha irreversibilmente colpito il settore del fotovoltaico in Italia e nel mondo».

Fim, Fiom e Uilm hanno convocato, per domani, dalle 15, un’assemblea con tutti i lavoratori dello stabilimento Marcegaglia, proclamando, ad horas, lo stato di agitazione del Gruppo. «Lasciano Taranto – osservano i sindacati - per una riorganizzazione del Gruppo Marcegaglia, scippando nuovamente a questa città posti di lavoro e opportunità di sviluppo non inquinante». E Taranto deve fronteggiare l’ennesima vertenza dopo quelle dell’Ilva, dello stabilimento tessile Miroglio, della Taranto container terminal che gestisce il molo polisettoriale, dell’azienda di divani Natuzzi, del settore delle costruzioni, delle ditte dell’appalto dell’Arsenale militare e, da ultima, dell’Eolico. L’azienda danese Vestas ha annunciato la chiusura dello stabilimento 'Nacelles' con la mobilità per 127 lavoratori. «Quale futuro – si chiedono i sindacati – ci attende? A questo massacro non ci stiamo». lagazzettadelmezzogiorno

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Ebbene si, l'inverno e arrivato!
Vento pioggia e freddo sono arrivati a ricordarcelo, e la nostra unica
consolazione qual'è? Ma lo shopping e ovvio, l'occasione di ispezionare
l' armadio e decidere cosa manca e cosa dare via.
Ma dopo il cambio degli armadi viene, inevitabilmente il cambio della scarpiera: ballerine, sandali e open toe migrano verso l'alto, mentre stivali,
decolte' e tronchetti guadagnano la prima fila.
Ankle Boots :Sotto il malleolo, in questo gruppo abbiamo selezionato tutti i tronchetti che terminano prima del malleolo. Questo perchè questa loro caratterstica fa si che siano più versatili. Non appesantiscono la caviglia, fanno si che si veda il restringimento della caviglia dovuto al tacco. Per questo motivo posso essere indossati sia con pantaloni lunghi, che capri che gonne.
                         
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Puglia, primo sì a legge che limita il gioco d’azzardo

BARI - Approvata all’unanimità dalla III Commissione la proposta di legge su «Contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico». Ieri, per l’occasione, riunione allargata al presidente della fondazione antiusura S. Nicola e S. Medici, don Alberto D’Urso, sentito in audizione, e al presidente del Consiglio regionale, Onofrio Introna. Secondo Angelo Disabato, de La Puglia per Vendola, primo firmatario della proposta di legge, «la nostra è una risposta alla crescente domanda di aiuto dei pugliesi rispetto a questa dilagante piaga sociale e sanitaria. Il testo di legge prevede: l’obbligo per i gestori di sale da gioco di affiggere o distribuire materiali informativi sui rischi connessi al gioco d’azzardo; vieta ogni attività pubblicitaria relativa all’apertura di sale da gioco; istituisce un marchio «Libero da slot – Regione Puglia» che consente a Regione e Comuni di premiare i titolari di esercizi commerciali o i gestori di circoli privati, che scelgono di non installare le apparecchiature del gioco d’azzardo; impone una distanza di sicurezza (dai precedenti 300 a 500 metri) che deve separare le sale da gioco dai luoghi sensibili, come scuole, ospedali, luoghi di culto e centri di aggregazione giovanile.

Per personale ed esercenti - continua Disabato - c’è l’obbligo di frequentare corsi di formazione predisposti dalle Asl sui rischi del gioco d’azzardo patologico; ci sarà inoltre un numero verde per fornire primo servizio di ascolto e consulenza; sono previste infine sanzioni amministrative pecuniarie ai trasgressori della legge regionale». Oltre alle misure preventive e repressive ci sono anche misure di sostegno a chi è afflitto da Gap. «Vengono istituiti - spiega ancora Disabato - i dipartimenti delle dipendenze patologiche annessi alle Aziende sanitarie locali, in cui saranno valorizzate le figure di psicologi ed educatori. E’ prevista anche l’istituzione di un Osservatorio regionale, quale organo di consulenza del governo regionale». lagazzettadelmezzogiorno

lunedì 28 ottobre 2013

Un’impresa su otto chiude in rosso per il pressing del Fisco Su un campione di 300mila bilanci il 40% delle aziende registra un risultato negativo


Su otto imprese che hanno chiuso in perdita l’ultimo bilancio, almeno una ha registrato un passivo unicamente a causa della pressione fiscale. Analizzando un campione di 300mila bilanci, un terzo delle societá attive in Italia, relativi agli anni tra il 2007 e il 2012, lo studio di Cribis D&B rivela che nell’ultimo anno il 40,9% delle imprese ha chiuso in perdita. Emerge dallo studio che il 12,33% di queste attivitá aveva registrato un risultato ante imposte (Ebit) positivo. Senza la pressione fiscale queste imprese avrebbero chiuso il 2012 in attivo. Questo quanto emerge dall’indagine di Cribis D&B, societá del gruppo Crif specializzata nelle business information, sull’incidenza delle imposte sulle performance delle imprese. La situazione, secondo Cribis, potrebbe anche peggiorare ulteriormente nel 2013. La dinamica è spiegabile se si considera l’incremento di 21 punti percentuali del tax rate medio, ossia del tasso di incidenza delle imposte sul reddito delle imprese, che dal 38,74% del 2007 ha raggiunto il 59,83%.
Dato altrettanto preoccupante che emerge dallo studio è che dal 2008 al 2012 l’11,07% delle imprese analizzate ha sempre chiuso il bilancio in passivo, senza essere mai riuscire a raggiungere il pareggio. Scendendo più nel dettaglio, se il settore con il maggior numero di imprese in perdita nel 2012 è risultato essere quello delle attivitá immobiliari (con il 50,34% di attivitá con il bilancio in rosso rispetto al totale di quelle esaminate) seguito da quello dei servizi alberghieri e di ristorazione «(con una incidenza pari al 49,81%), il comparto che ha risentito maggiormente della pressione fiscale sui propri conti è quello dedicato ai servizi di informazione e comunicazione. Sulle circa 4600 imprese di questo settore che hanno chiuso in perdita il bilancio 2012, il 17,49% aveva registrato un risultato ante imposte in positivo.
«Il fatto che ben l’11,07% delle imprese analizzate nel nostro studio -commenta Marco Preti, amministratore delegato di Cribis D&B- abbia chiuso il bilancio in rosso dal 2008 al 2012, senza aver mai raggiunto il pareggio, è un dato preoccupante, che conferma una volta di più le enormi difficoltá che in questi anni hanno fiaccato il tessuto economico del Paese. Una situazione resa ancor più grave dall’elevata pressione fiscale, che oggi non risparmia le attivitá in perdita e produce effetti molto negativi sul tessuto economico italiano, come dimostra il dato di un’impresa su otto, tra quelle con i bilanci perdita, che ha chiuso in rosso proprio a causa delle tasse». L’ad si aspetta anche che «la situazione possa ulteriormente peggiorare nel corso del 2013. Alla luce di questo scenario, per le imprese diventa sempre più determinante conoscere meglio i partner commerciali con i quali fanno affari e adottare un’efficace politica di gestione del rischio di credito commerciale che, attraverso strumenti adeguati, consenta di rilevare tempestivamente i segnali che provengono dal mercato e dalla propria clientela».