lunedì 30 settembre 2013

SOLO A TARANTO ACCADONO QUESTE COSE Taranto, sui mezzi Amat acquistati usati a Cagliari cartelli con avvisi sardi

TARANTO - «Per informazioni, basta cliccare sul sito internet www.ctmcagliari.it». Sì, avete letto bene. Cagliari e non Taranto. Ctmcagliari.it e non il sito internet dell’Amat. Eppure, in questi giorni, capita di leggere questi manifesti contenenti le indicazioni del capoluogo sardo sui mezzi che circolano per le strade di Taranto. Strano? No, non proprio.

Uno dei mezzi su cui alle spalle della postazione dell’autista c’era il cartello versione «sarda», immortalato dal telefonino del cronista, è uno di quelli acquistati dall’Amat nelle settimane scorse.

In particolare, si tratta di 14 autobus usati (hanno un’età media di 10 anni) che provengono, appunto, da Cagliari città da dove, peraltro, l’Amat aveva in passato acquistato altri mezzi. Questa volta, però, si tratta di pullman “euro 3”». Gli autobus sono costati circa 25mila euro ciascuno e, quindi, l’azienda di trasporti di Taranto ha speso circa 300mila euro. IL presidente dell’Amat spa, qualche settimana fa, alla Gazzetta, Walter Poggi, aveva «giustificato» così la sua scelta: «Siamo stati costretti ad acquistare questi mezzi non nuovi di fabbrica perché, da anni ormai, non riceviamo alcun finanziamento pubblico. In questo modo, potenzieremo la nostra “flotta” di mezzi a disposizione». lagazzettadelmezzogiorno

DIAMO IL BENVENUTO IN BORGOCARD ALLA SALUMERIA DEL BORGO IN VIA CRISPI 56/A


DIAMO IL BENVENUTO IN BORGOCARD A FUSILLO GIOIELLI IN VIA CRISPI 73/B


NEGOZI CONVENZIONATI BORGOCARD DOVE PUOI RITIRARE GRATUITAMENTE LA CARD CLICCA E VISUALIZZA L'ELENCO



TARANTINI ATTENZIONE RISCHIO CANCRO ANCHE CON I TATUAGGI


UNA MODA O UNA MAGICA FORMA DI ESPRESSIONE? - LONDRA CELEBRA IL FENOMENO DEI TATUAGGI

Teschi, dragoni, piante, animali di ogni genere e disegni tribali: alla London Tattoo Convention in questi giorni si radunano centinaia di artisti e di appassionati dei tatuaggi - Ma è proprio di questi giorni la notizia per cui il 5% dei laboratori di tatoo utilizzano inchiostri cancerogeni...


LONDON TATOO CONVENTIONLONDON TATOO CONVENTION
Teschi, dragoni, piante, animali di ogni genere e disegni tribali: questi sono solo pochi esempi di ciò che si può vedere a Londra in questi giorni. Nella capitale inglese si tiene infatti la London Tatoo Convention, che raduna circa 300 artisti e centinaia di persone che accorrono qui per essere tatuate o semplicemente per esporre agli appassionati i dipinti indelebili sul proprio corpo.
Eppure c'è qualche "purista", come Miki Vialetto, direttore di "Tattoo Life", che rimpiange i tempi in cui i tatuaggi erano roba per pochi eletti: «Credevo fosse qualcosa di magico. Ora la gente si fa un tatuaggio così come si comprerebbe un paio di scarpe».
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E in effetti questa forma d'espressione è ormai diventata talmente comune da interessare qualsiasi tipologia di persone e di classe sociale, dal manager alla casalinga. Eppure è proprio di questi giorni la notizia secondo la quale l'inchiostro utilizzato per i tatuaggi può provocare il cancro: si ritiene che il 5 per cento dei laboratori di tatoo utilizzino composti chimici a rischio.
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Un martinese picchiato a Roma: «Ho solo detto di essere gay» E posta la sua foto su Facebook

MARTINA FRANCA - "Chi sarà il prossimo?". È la domanda che lancia dal suo profilo Facebook, L'Ipocoana Nera, ossia Ercole (nella foto), un ragazzo martinese, l'ennesima vittima di omofobia che il 22 settembre è stata brutalmente aggredita da uno skinhead alla fermata della metro Cipro, a Roma. 
L'aggressore lo ha colpito al volto “fracassandogli” l'arcata sopracciliare, mentre i due amici del nazista gli gridavano appellativi discriminatori. Pochi attimi prima, alla domanda “che ci fai a quest'ora da solo?”, lui aveva tranquillamente risposto: “Aspetto il mio compagno”. È stato questo a scatenare l’assurda e animalesca violenza nei suoi confronti.
«Sono stato aggredito perché sono omosessuale. Ringrazio i gruppi parlamentari che si sono impegnati nella stesura di un'ottima legge sull'omofobia, nonché le associazioni romane e nazionali omofile per l'impegno costante dimostrato in questi mesi», scrive ora sul suo profilo L'Ipocoana Nera con un filo di amara ironia. Il suo racconto è documentato sul sito dell'associazione "Fenice Gay".

Un caso, quello di Ercole, che non è nuovo in una città, Roma, in passato già spesso teatro di vergognosi episodi di omofobia. 
Non solo, questo ennesimo caso si verifica mentre infuria la polemica scatenata dalle dichiarazioni di Guido Barilla, poi scusatosi, a proposito delle campagne pubblicitarie e gli spot della propria azienda per le quali aveva detto che non avrebbe mai utilizzato famiglie omosessuali. Dichiarazioni quanto meno inopportune che hanno innescato una serie di vibrate proteste e che hanno poi indotto, appunto, lo stesso Barilla a fare rapidamente marcia indietro. Forse proprio l’episodio di cui è rimasto vittima a Roma il ragazzo martinese dovrebbe far riflettere anzitutto lo stesso industriale sulla valenza che certe affermazioni possono guadagnare in certi ambienti.
Per ora, quello che è certo è che Ercole risulta essere solo l’ultima vittima di una lunga serie di violenze contro gli omosessuali. Continuare a farli passare per “diversi” certamente non li aiuta ILNUOVOQUOTIDIANODIPUGLIA

domenica 29 settembre 2013

NON PER ROVINARVI LA SERATA MA QUESTO CI ASPETTA DOMANI Tasse, la valanga delle scadenze di lunedì 30 settembre. Ecco il vademecum con le dieci voci

Più di venti milioni sono i contribuenti interessati dalle scadenze fiscali in agenda lunedì 30 settembre. Gli adempimenti più importanti sono i seguenti. Unico 2013 Iva Accise Imposta sulle assicurazioni Locazioni - Imposta di registro Imposta comunale sulla pubblicità Modello 730/2013 di Salvina Morina e Tonino Morina - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/bkE9e

15 GIORNI DI SOTTOCOSTO SU TUTTA LA MERCE INVERNALE , SCONTI E PROMOZIONI AI POSSESSORI DI BORGO CARD  

 

1. ECCO, LA MUSICA È FINITA, I MINISTRI SE NE VANNO, CHE INUTILE GOVERNO, LETTA MIO… - 2. BERLUSCONI, IL POLITICO-IMPRENDITORE CHE DA VENTI ANNI SCAMBIA I CAZZI PROPRI CON QUELLI DEL PAESE, FA DIMETTERE I SUOI MINISTRI-DIPENDENTI E APRE LA CRISI DI GOVERNO - 3. E ANTICIPA LETTA CHE VOLEVA ANDARE IN AULA PER LA “CONTA” CON IL VOTO DI FIDUCIA - 4. E GRAN PERNACCHIA A RE GIORGIO NAPOLITANO CHE AVEVA LANCIATO IL SOLITO MONITO: “NON ABBIAMO BISOGNO DI CAMPAGNE ELETTORALI A GETTO CONTINUO, MA DI CONTINUITÀ” - 5. L’APPELLO DEL BANANA CONDANNATO RACCOLTO A STRETTO GIRO DA SENZA-QUID ALFANO CHE HA CONFERMATO LA VOLONTÀ SUA E DEI COLLEGHI MINISTRI DI LASCIARE IN MASSA

1. BERLUSCONI APRE LA CRISI DI GOVERNO: "L'ULTIMATUM DI LETTA È INACCETTABILE" ALFANO: I MINISTRI DEL PDL SI DIMETTONO
BERLUSCONIBERLUSCONI
Il filo a cui il governo era appeso si è rotto con la nota che Berlusconi ha rilasciato in serata: «L'ultimatum di Letta è inaccettabile e irricevibile, i ministri del Pdl diano subito le dimissioni». Appello raccolto a stretto giro da Alfano che ha confermato la volontà sua e dei colleghi di lasciare in massa. Crisi di governo dunque. Prima ancora che Letta potesse andare in Aula per la "conta" con il voto di fiducia.

IL QUIRINALE 
Non serve «che il Parlamento ogni tanto si scioglia. Non abbiamo bisogno di campagne elettorali a getto continuo, ma di continuità» aveva detto il presidente della Repubblica durante il suo intervento nel carcere di Poggioreale a Napoli. Le Quattro Giornate di Napoli «ci debbono dare convinta fiducia in quel che di qui può ancora venire - nelle critiche circostante attuali e nell'incerto prospettarsi del futuro - alla causa comune dell'Italia e dell'Europa», aveva affermato in mattinata il capo dello Stato commemorando segnarono uno dei momenti storici della resistenza durante la Seconda guerra mondiale.

IL NODO RETROATTIVITA' 
Dopo l'ultimatum lanciato da Letta nel Cdm, l'argomento più spinoso era la decadenza di Berlusconi e in particolare la retroattività delle legge Severino. «Non veniamo ascoltati da un alleato di governo. La convivenza in questi casi è estremamente difficile» aveva spiegato il capogruppo Pdl Renato Schifani, dicendosi comunque fiducioso che «il Pd accetti che la norma Severino possa essere applicata nella giusta misura e non retroattivamente». Appello prontamente respinto dal Pd che attraverso il senatore Andrea Marcucci ribadisce: «Una crisi al buio è l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno. Non c'è alcun accanimento contro Berlusconi ma solo rispetto delle sentenze e dei dispositivi della legge Severino, votata insieme allo stesso Pdl».

DUELLO SUI TEMPI 
Il Pdl è rimasto scottato dal rinvio dello slittamento dell'Iva. Schifani aveva anche chiesto di anticipare la verifica in Parlamento a lunedì, per far sì che, in caso di esito positivo, si potesse convocare un Consiglio dei Ministri nella stessa giornata che vari il decreto per bloccare il rincaro che altrimenti scatterebbe dal primo ottobre. « Gli italiani non possono aspettare tempi lunghi», ha spiegato il capogruppo Pdl al Senato.

LO SCONTRO IN CDM 
Ieri in consiglio dei ministri, dove il premier ha preteso il primo chiarimento politico dentro la maggioranza, si è consumato uno scontro dove i ministri del Pd e del Pdl si rimpallavano accuse e responsabilità. Sono volati stracci. Angelino Alfano ha addossato al Pd la colpa della crisi. Il risultato è stato il rinvio del via libera alla "manovrina", che renderà quasi inevitabile l'aumento dell'Iva.
SILVIO BERLUSCONI TAGLIA IL NASTRO NUOVA SEDE FORZA ITALIA FOTO LAPRESSESILVIO BERLUSCONI TAGLIA IL NASTRO NUOVA SEDE FORZA ITALIA FOTO LAPRESSEFRANCESCA PASCALE SILVIO BERLUSCONI E DUDUFRANCESCA PASCALE SILVIO BERLUSCONI E DUDU
L'esecutivo è quindi paralizzato dall'inagibilità del campo politico che, ha spiegato il premier, impedisce di «impegnare il bilancio su operazioni che valgono miliardi di euro». Il Pdl non ci sta e respinge le accuse: «Il presidente del Consiglio si è assunto la gravissima responsabilità di non deliberare su provvedimenti economici» per «evitare l'aumento dell'Iva», attacca Schifani
3. LA MEMORIA DIFENSIVA DI BERLUSCONI CHIESTA LA RICUSAZIONE DEI MEMBRI DELLA GIUNTA CHE HANNO ESPRESSO GIUDIZI
Guido Ruotolo per La Stampa
FRANCESCA PASCALE E SILVIO BERLUSCONIFRANCESCA PASCALE E SILVIO BERLUSCONISILVIO BERLUSCONI OSSERVA LA SUA GIGANTOGRAFIA NELLA NUOVA SEDE FORZA ITALIA FOTO LAPRESSESILVIO BERLUSCONI OSSERVA LA SUA GIGANTOGRAFIA NELLA NUOVA SEDE FORZA ITALIA FOTO LAPRESSE
Questa mattina Silvio Berlusconi ha depositato presso la segreteria della Giunta delle elezioni e delle immunità del Senato la propria memoria difensiva nella quale chiede le dimissioni dei membri della Giunta.

Il Cavaliere ribadisce l'incostituzionalità della Legge Severino e torna a invocare la ricusazione dei componenti della Giunta dell'elezione al Senato che si sarebbero pubblicamente espressi sul suo caso. Già nell'istanza alla Corte europea per i diritti dell'uomo di Strasburgo, i legali di Berlusconi avevano depositato tra gli allegati una copia del dossier pubblicato da La Stampa. Nell'articolo si raccontava come la maggioranza dei componenti della Giunta non ritenessero necessario mandare gli atti alla Consulta né aspettare il giudizio della Corte d'Appello sull'interdizione di Berlusconi.

I membri della Giunta Senato che hanno già espresso il proprio convincimento si dimettano «per consentire la formazione di un collegio giudicante quantomeno apparentemente imparziale», è la richiesta del Cavaliere. «In via subordinata», Berlusconi chiede alla Giunta di «sospendere il giudizio e inviare gli atti alla Giunta per il Regolamento perchè si provveda a regolamentare la possibilità di astensione e ricusazione nonchè di sostituzione ai fini di un giusto processo».
FRANCESCA PASCALE E SILVIO BERLUSCONIFRANCESCA PASCALE E SILVIO BERLUSCONIberlusconi ritorno forza italia xBERLUSCONI RITORNO FORZA ITALIA X
Anche perché, rilancia Berlusconi «nessuna utilità vi potrebbe essere nel partecipare a un giudizio del quale si sia già previamente conosciuta la sua conclusione. La presenza delle parti, dell'interessato o di un avvocato non sarebbe che una mera sceneggiata in un copione già ampiamente scritto». Ecco quindi la richiesta: la giunta delle immunità «sospenda il giudizio in attesa della decisione della Corte Europea» presso la quale è stato presentato un ricorso contro la legge Severino e che dovrebbe decidere «in tempi assai ravvicinati, ovvero nell'ordine di pochi mesi».

L'annuncio della memoria difensiva depositata oggi è stato dato dal presidente della giunta Dario Stefàno: «Spero che questa scelta del senatore Berlusconi possa servire a svelenire il clima», afferma. «Presentare una memoria difensiva, nel rispetto dei termini regolamentari, mi auguro che indichi la scelta, nel solco della strada sinora tracciata e seguita nei lavori della Giunta delle elezioni e delle immunità, di tutelare le proprie ragioni nella sede istituzionale propria e nell'ambito delle prescritte procedure», si legge nella nota di Stefàno.
«Ho chiesto e ottenuto dal Presidente Grasso - spiega - l'autorizzazione alla diretta audio-video della seduta pubblica del 4 ottobre, anche perché le ragioni della difesa possano essere conosciute direttamente da tutti, dai cittadini e dalla stessa comunità dei giuristi». «Il mio auspicio - conclude il senatore di Sel - è che si possa proseguire a lavorare con serenità e con l'impegno responsabile di tutti, a partire da me quale Presidente della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari».

MANIFESTO DELLA SANTANCHEMANIFESTO DELLA SANTANCHEBERLUSCONIBERLUSCONI

SPAVENTOSO PIU DEL 10% DEI TARANTINI RISCHIA DI BECCARSI IL CANCRO A PARTIRE DA SUBITO

Ilva di Taranto. Rischio cancro per 22.500 persone

Infertilità, malattie del sistema nervoso e tumori: 22.500 abitanti di Taranto rischiano di ammalarsi di cancro, mentre i bambini rischiando di assorbire diossina non solo respirando, ma anche per ingestione.
Ilva di Taranto. Rischio cancro per 22.500 personeTaranto. Non solo i dati sull'infertilità sono in aumento nell'area dell'Ilva di Taranto: in cinque anni nella "città dei due mari" sono cresciuti del 70% i ricoveri per malattie del sistema nervoso. E, nelle aree Paolo VI e Tamburi, interessate dalle emissioni nocive, i ricoveri per tutte le cause sono doppi che per i quartieri meno colpite dalle emissioni nocive. Il quadro emerso dal convegno "Salute, Ambiente, Lavoro nella città dell'Acciaio", che si è tenuto oggi a Taranto, e promosso dagli ordini dei medici di Taranto eBrindisi, non promette nulla di buono.
Poi, ci sono i tumori. Sono 22.500 gli abitanti di Taranto che, in questo momento – è stato sottolineato – rischiano di ammalarsi di cancro, considerando la sola inalazione degli inquinanti, le 4mila tonnellate di polveri, le 11mila tonnellate di diossido d'azoto, le 11.300 tonnellate di anidride solforosa, le 7 tonnellate di acido cloridrico che gli impianti dell'Ilva scaricano nell'aria ogni anno. Ma gli inquinanti emessi dagli impianti dell'area di Taranto non si assorbono solo respirando: nei bambini, la quantità di diossina assunta per ingestione – attraverso la catena alimentare, soprattutto negli alimenti grassi, pesce, latte, carni – è due volte e mezzo quella per inalazione. "I registri dei tumori indicano, nel nostro Paese, un aumento di circa il 2% annuo dell'incidenza del cancro – spiega il presidente dell'Isde, Ernesto Burgio. –Questo significa che, se continuiamo così, nel 2020, in Italia, almeno una persona su due svilupperà una neoplasia. La normalità sarà dunque avere il cancro, non essere sani".

sabato 28 settembre 2013

Multate i governanti, non gli italiani! Inquinamento Ilva, l’Ue avvia la procedura di infrazione

Prevedibile ed anzi ovvio: l’Unione Europea ieri ha avviato unaprocedura di infrazione contro l’Italia a proposito dell’acciaieriaIlva di Taranto (l’impianto siderurgico più grande d’Europa salvatoda leggi ad aziendam), ove non viene rispettata la direttiva europea sulla prevenzione dell’inquinamento.
Chissà mai perchè il “ce lo chiede l’Europa” è il primo comandamento solo quando si tratta di spremere sangue alla gente. Se c’è in ballo un comportamento civile nei confronti dell’ambiente – solo civile, eh!, mica d’avanguardia – il “ce lo chiede l’Europa” per i nostri governanti vale un pernacchio. E allora la prevedibile multa europea la paghino loro: la paghino i governanti e non l’Italia che è è notoriamente il Paese Ue con il più alto numero di procedure di infrazione relative all’ambiente. Il commissario Ue all’Ambiente Janez Potocnik lo ha definito “un problema sistemico”.
Autentici funambolismi di diplomazia verbale. Io, che non ho problemi del genere, al posto suo avrei detto: si tratta di una precisa volontà politica.
Il tono del comunicato stampa con cui l’Unione europea ha annunciato la messa in mora dell’Italia per l’Ilva è lo stesso usato dal commissario Potocnik nell’intervista all’Ansa sulla riottosità ambientale dell’Italia: un tono pacato, misurato, che contempla l’offerta di aiuto alle autorità italiane “nei loro sforzi per risolvere queste questioni gravi”. Mi domando se da Roma è partito un altro pernacchio. Lasostanza del comunicato, tuttavia, è molto dura: l’Ue ha inviato all’Italia una lettera (ho aggiunto i link) in cui si dice che l’Italia stessa
non garantisce che l’ILVA rispetti le prescrizioni dell’UE relative alle emissioni industriali, con gravi conseguenze per la salute umana e l’ambiente. L’Italia è inoltre inadempiente anche rispetto alla direttiva sulla responsabilità ambientale, che sancisce il principio “chi inquina paga”. (…) Le prove di laboratorio evidenziano un forte inquinamento dell’aria, del suolo, delle acque di superficie e delle falde acquifere, sia sul sito dell’ILVA, sia nelle zone abitate adiacenti della città di Taranto. In particolare, l’inquinamento del quartiere cittadino di Tamburi è riconducibile alle attività dell’acciaieria
Per andare al di là del diplomatico politichese e dire pane al pane e vino al vino, si può attingere dal blog di Alessandro Marescotti, presidente della rete telematica ecopacifista PeaceLink. Racconta come è nata la messa in mora dell’Italia: egli, insieme ad Antonia Battaglia e Fabio Matacchiera(Fondo Antidiossina), ha messo insieme tutta la documentazione sull’Ilva: in pochi mesi 270 lettere inviate a Bruxelles e tre inviti ad illustrare la situazione. Anche in questo caso ho aggiunto un link.
La prima volta queste tre persone (Marescotti, Matacchiera e Battaglia, ndr) hanno presentato le 36 infrazioni all’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) dell’Ilva (…) La cosa ha generato stupore. Nel secondo viaggio è stato presentato l’elenco delle inadempienze alle prescrizioni AIA: ma questa volta a denunciare ciò che non andava era il Garante dell’AIA Ilva che decretava l’avvio delle sanzioni nei confronti dell’acciaieria. La cosa ha generato sorpresa. Poi nei giorni successivi la Commissione Europea ha appreso che il Garante dell’AIA veniva eliminato e che il governo italiano approvava un nuovo decreto per non sanzionare l’Ilva. La cosa ha generato sconcerto
Resta un pensiero amaro. I governanti spernacchiano le norme ambientali Ue ma saranno gli italianipagare la probabilissima e salata multa europea. Mi piacerebbe che responsabilità e multe venissero attribuite ad personam (o ad personas). Taranto e l’Italia hanno già dato. Hanno già pagato subendo l’inquinamento. Adesso a ciascuno il suo, per favore.

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Madre di Sarah Scazzi «Vorrei aiutare Sabrina a farsi perdonare»

 "Vorrei incontrare Sabrina: mi piacerebbe aiutarla ad iniziare un cammino giusto agli occhi di Dio. Farle capire che la scena di questo mondo sta per cambiare e resta poco tempo per farsi perdonare. Geova Dio, nella sua misericordia, è pronto a perdonarla nel momento in cui lei compie i passi richiesti". Lo scrive Concetta Serrano, madre di Sarah Scazzi, la quindicenne uccisa ad Avetrana (Taranto) il 26 agosto 2010, e per il cui omicidio sono state condannate all’ergastolo la cugina Sabrina e la mamma di quest’ultima, Cosima Serrano, nella mail inviata a uno degli avvocati di famiglia Antonio Cozza e letta ieri sera a "Quarto Grado", su Retequattro.

"Sarah al momento non c'è, ma è viva agli occhi di Dio. Sabrina c'è, ma vive una vita priva di tranquillità", prosegue la donna. "Vorrei incontrarla, – aggiunge – non per chiederle se ha ucciso Sarah, anzi... sarà un discorso che non farò mai, se lei non lo vorrà".

"Tra breve Sarah sarà riportata in vita, qui sulla Terra. Per me sarebbe davvero bello rivedere le due cugine nel 'Nuovo Mondò, governato da Cristo Gesù, – conclude la donna – che si abbracciano, dimenticando il male che ha portato a questa tragica situazione, così che tutte e due possano vivere una vera vita. Sabrina potrà ottenere questo e tante altre benedizioni, se ubbidirà alla parola di Geova Dio".
lagazzettadelmezzogiorno

DIAMO IL BENVENUTO IN BORGO CARD AL RISTORANTE RISTORO DI BASILE LUZZI IN VIA PITAGORA 76


ANCHE L’ACCIAIO DEI RIVA VIAGGIAVA OFFSHORE: LA STRANA GIRANDOLA DI SOCIETÀ DEI PADRONI DELL’ILVA (PER AGGIRARE IL FISCO)


Travolti da un'ondata di inchieste giudiziarie con accuse che vanno dal disastro ambientale alla corruzione alla frode fiscale, ai Riva tocca l'arduo compito di difendere in Tribunale il loro buon nome di imprenditori. O quel che ne resta. Nel frattempo, però, la famiglia che ha scaraventato l'Ilva nello scandalo di questi mesi, potrebbe iscriversi al campionato mondiale dell'ingegneria finanziaria.
EMILIO RIVA - ILVAEMILIO RIVA - ILVA
È un campionato che non esiste, ma se mai si disputasse, l'ottuagenario patron Emilio Riva e i parenti tutti avrebbero le carte in regola per fare un'ottima figura e magari per vincere. Nell'arco di una dozzina di anni i padroni dell'acciaieria di Taranto ora commissariata si sono palleggiati aziende e holding con un crescendo impressionante di operazioni finanziarie.
Compratori e venditori sono sempre loro, i Riva, in una girandola di affari di cui riesce difficile capire senso e finalità. Documenti e bilanci esaminati da "l'Espresso" raccontano di quote azionarie che rimbalzano tra l'Italia e il Lussemburgo. Società come Parfinex, Ilva international, Erisider Lux hanno cambiato soci anche più di una volta.
EMILIO RIVAEMILIO RIVA
E insieme ai titoli si è mossa anche una montagna di denaro, per un valore complessivo che si misura in miliardi di euro. Solo che i soldi restano in famiglia, passano da una tasca all'altra dello stesso ristretto gruppo di persone, figli e nipoti del fondatore Emilio. E così, alla fine, rimane il sospetto che questo gran polverone serva più che altro a coprire una sorta di gioco delle tre carte finanziario. Quest'ultimo, a sua volta, sembra avere finalità precise: puntellare i bilanci (quando serve), risparmiare sulle tasse e, infine, rendere più complicato per l'osservatore esterno decifrare flussi di denaro e assetti del gruppo.
Sospetti fondati? Vediamo un caso concreto. E partiamo da un episodio recente che riguarda la Riva Acciaio (1.500 dipendenti, oltre un miliardo di ricavi), l'ombrello societario a cui fanno capo tutti gli stabilimenti italiani della famiglia, Ilva esclusa. L'11 settembre scorso l'azienda si è vista bloccare i conti correnti dai magistrati tarantini che indagano sulla gestione del polo siderurgico pugliese.
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E il governo, messo sotto pressione da sindacati e Confindustria, è stato costretto a studiare un decreto ad hoc per far ripartire le fabbriche. «Come possiamo pagare banche, dipendenti e fornitori se i giudici bloccano i conti correnti della nostra società?», hanno protestato i Riva tramite i loro legali. Un problemone, in effetti. Anche perché a leggere i conti, si scopre che la famiglia lombarda aveva appena sottoposto a una robusta cura ricostituente la società poi bloccata dai magistrati tarantini.
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Il bilancio 2012, infatti, si è chiuso con un utile record di 230 milioni. Merito dell'acciaio? Macché. I soldi sono arrivati dal Lussemburgo: dividendi per 250 milioni circa versati dalla società Stahlbeteiligungen holding, con sede nel Granducato. L'affare vale doppio, perché la Riva Acciaio non ha pagato neppure un euro di tasse su quella maxicedola. Tutto legale, per carità. Lo prevedono le norme varate per evitare la doppia imposizione sui dividendi. Sta di fatto che la Riva Acciaio ha festeggiato un bilancio da record pagando pochi spiccioli di tasse.
C'è di più. Di lì a poco la Stahlbeteiligungen holding, che d'ora in poi, per semplicità, chiameremo Stahl, ha cambiato azionisti. Tutto in famiglia: il 25 per cento di Riva Acciaio è stato girato alla capogruppo Riva Fire, che già possedeva il restante 75 per cento. L'operazione si è conclusa nella forma tecnica della scissione, con l'obiettivo di limitare al minimo indispensabile gli oneri fiscali.
rivaRIVA
Quello appena descritto, però, è soltanto l'ultimo anello di una catena di affari che comincia addirittura nel 2004. Nel giro di una decina di anni la Stahl ha fatto un lungo viaggio per poi tornare al punto di partenza. È un circolo chiuso. I Riva comprano. I Riva vendono. Vediamo, semplificando al massimo i vari passaggi. Si parte, come detto, nel 2004, quando la Riva Acciaio compra l'intero capitale della holding lussemburghese. Nel ruolo di venditore c'era la Riva Fire con base a Milano in una palzzina alla periferia nord della città.
La Stahl, già all'epoca, giocava un ruolo importante nel complicato organigramma del gruppo siderurgico. Infatti, subito dopo aver comprato l'Ilva messa in vendita dallo Stato, la famiglia Riva aveva pensato bene di trasferire in Lussemburgo una quota del 21 per cento circa della società appena privatizzata. Quella partecipazione era stata assegnata alla Stahl.
ILVA DI TARANTOILVA DI TARANTO
Secondo i magistrati milanesi che indagano sulle presunte frodi fiscali dei Riva, la cessione nel Granducato di una parte del capitale di Ilva sarebbe servita, già nel 1997, a spostare denaro esentasse all'estero con destinazione finale una rete di quattro trust costituiti nell'isola di Jersey. Questa però è un'altra storia (e un'altra indagine). Torniamo a seguire il lungo viaggio della Stahl, che nel 2008, quando sono passati meno di quattro anni dalla prima compravendita, è già pronta a prendere la via del ritorno.
Ed ecco, allora, che Riva Fire si ricompra il 75 per cento della società lussemburghese ceduta nel 2004. Nel frattempo la Stahl ha continuato a svolgere il lavoro di sempre. Oltre a controllare una quota dell'Ilva di Taranto e alcune partecipazioni minori, la holding offshore funzionava anche da banca interna al gruppo. Nei conti 2004, per dire, si scopre che la Riva Acciaio ha pagato alla sua controllata in Lussemburgo oltre 26 milioni di interessi su un debito di circa 370 milioni.
IMPIANTO ILVA A TARANTOIMPIANTO ILVA A TARANTO
La logica è sempre la stessa: il denaro si sposta da un Paese ad elevata tassazione verso un altro dove le imposte societarie sono irrisorie. E a proposito di risparmi fiscali, va segnalato che anche in questo caso la Stahl non è passata di mano con una semplice compravendita. I commercialisti dei Riva, che si affidano da sempre all'importante studio tributario Biscozzi Nobili, hanno consigliato la strada della scissione societaria della venditrice Riva Acciaio. Una strada certamente più tortuosa, ma che in compenso consente di aggirare (legalmente) le tasse.
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E come mai Riva Fire si ricompra il 75 per cento di una società che aveva ceduto solo quattro anni prima? Il bilancio 2008 della società acquirente dedica qualche riga alla questione. Si parla di "razionalizzazione dell'attività di detenzione, possesso e gestione delle partecipazioni estere", di "accorciamento della catena di controllo" e di "sviluppo dei flussi di dividendi". Sono tutte esigenze comprensibili e legittime. Il fatto è, però, che solo quattro anni prima i Riva si erano mossi esattamente in senso opposto. E non è ancora finita. Nel 2012 la Riva Acciaio si libera anche dell'ultimo 25 per cento di Stahl, non senza aver prima incassato 250 milioni di dividendi esentasse.
Il cerchio si chiude. L'intero capitale sociale della holding lussemburghese torna alla casella di partenza, cioè alla Riva Fire. Dura poco. Alla fine dell'anno scorso la holding del Granducato passa sotto il controllo della Riva Forni elettrici. Vi gira la testa? Tenetevi forte per il gran finale. La Stahl, infatti, non è più la stessa di un tempo. Giunta alla tappa finale del suo peregrinare, la società lussemburghese si è liberata della quota del 25 per cento dell'Ilva che, come abbiamo visto, possedeva sin dal 1997.
Chi ha comprato? Tanto per cambiare le azioni sono rimaste in casa. Adesso la partecipazione nell'acciaieria di Taranto risulta intestata alla Siderlux, una società lussemburghese costituita ad hoc l'anno scorso.
Il nuovo riassetto, varato mentre sui padroni dell'Ilva si stava scatenando la tempesta giudiziaria, serve a separare il business dei prodotti lunghi da quello dei piani, questo è quanto si legge nei documenti societari.Una vera svolta. Per vent'anni i Riva avevano tenuto le due attività sotto lo stesso cappello. Poi esplode il caso giudiziario e partono le grandi manovre tra Italia e Lussemburgo. Con gran via vai di scatole societarie e milioni. Una semplice coincidenza. O no?

QUANTO COSTERA’ ALLA BARILLA L’INUTILE BATTUTA SUI GAY - LA COMUNITA’ LGBT IN ITALIA SPENDE 20 MILIARDI DI EURO L’ANNO


Sul web impazza l'hashtag "boicottobarilla" dopo le recenti infelici affermazioni di Guido Barilla, numero uno del gruppo, su un Mulino bianco chiuso alle famiglie omosessuali. E i competitor gongolano.
Quello della comunità arcobaleno (oltre agli omosessuali ci rientrano anche lesbiche, bisex, transessuali e transgender, comunemente nota con la sigla Lgbt) non è un mercato "normale" né tanto meno "tradizionale" visto che resiste agli urti della recessione ed è in continua espansione.
guido barillaGUIDO BARILLA
«Non metterei mai in una nostra pubblicità una famiglia gay, perché noi siamo per la famiglia tradizionale» ha dichiarato l'imprenditore a Radio24 per poi rincarare la dose: «Se i gay non sono d'accordo, possono sempre mangiare la pasta di un'altra marca. Tutti sono liberi di fare ciò che vogliono, purché non infastidiscano gli altri».
Pasta, biscotti, pane di varie marche (Barilla, Mulino Bianco, Voiello, Pavesi) che d'ora in avanti potrebbero essere oggetto di boicottaggio di un comunità numerosa, influente e benestante.
PASTA SESSO GAYPASTA SESSO GAY
UN MERCATO GLOBALE DA UN TRILIARDO DI DOLLARI.
La pink money che misura la capacita di acquisto dei gay parla chiaro: è in continua e costante crescita. Nel 1998 il mercato mondiale Lgbt era pari a 560 miliardi di dollari...oggi gli Stati Uniti, da soli, superano gli 800 miliardi di dollari secondo le stime di Witek Communications. In poche parole questo significa che, a livello mondiale i gay spendono almeno un triliardo di dollari.
E' a questo che sta rinunciando Barilla quando invita i gay qualora non fossero d'accordo con le sue affermazioni a mangiare un'altra marca di pasta. "Bel colpo" per un gruppo che è presente in Paesi ben più aperti dell'Italia.
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IN ITALIA, QUESTO MERCATO VALE CIRCA 20 MILIARDI DI EURO.
In ogni caso anche nel BelPaese la gayeconomy non scherza. Le ultime stime, a onor del vero risalenti a qualche anno fa e meno precise rispetto a quelle anglosassoni, parlavano di un mercato da 20 miliardi di euro solo per quel che riguardava abbigliamento e accessori (dati relativi a una ricerca di Gpf&Associati). A tutto questo, secondo stime più aggiornate, si aggiungono almeno altri 3,2 miliardi provenienti dal settore turistico. Insomma meglio non scherzarci troppo.
L'8% DELLA POPOLAZIONE APPARTIENE ALLA COMUNITA' LGBT.
Si stima infatti che l'8% della popolazione appartenga alla comunità Lgbt, milioni di persone che, sempre stando alle analisi di mercato, in genere godono di un forte potere di acquisto (in media le stime parlano di un reddito superiore del 23% rispetto al resto del mercato) e di una forte predisposizione alla spesa in tempo libero, moda, viaggi e brand di qualità (li cerca il 26% dei gay). "High spender, trend setter, early adopter, opinion leader" sono queste le definizioni più comuni in termini di marketing del cliente gay.
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Quanto alle coppie si parla di Dink, double income, no kids (due stipendi senza figli). Agli Lgbt si aggiungono poi altrettanti milioni di familiari e amici che, a quanto pare, apprezzano l'appoggio dato dalle imprese ai gay.
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INTANTO IKEA E EATALY INSEGUONO IL GAY MARKET.
Insomma consumatori da conquistare, come dimostrano le sempre più numerose campagne di marketing di cui sono oggetto e che, contrariamente a Barilla, mostrano anche realtà meno tradizionali. Da Ikea a Eataly...per rimanere solo ai casi più recenti. 
E così mentre l'Italia discute sulle famiglie del Mulino, negli Stati Uniti già si fanno i conti con un'altra realtà, quella delle nozze gay. E, anche questa volta, i conti si fanno pragmaticamente, a livello economico.
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L'apertura di diversi Stati alle nozze tra persone dello stesso sesso è in effetti un vero e proprio business, pari a circa 10 miliardi. Di questo giro d'affari ne beneficiano i Comuni (si stima che New York abbia incassato 250 milioni di dollari dopo aver eliminato il divieto alle nozze tra persone dello stesso sesso); hotel, resort, ristoranti e catering oltre a gioiellieri come Tiffany. Insomma più che di affari in rosa si tratta di affari d'oro per chi non se li lascia sfuggire.

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venerdì 27 settembre 2013

CI MANCA SOLO QUESTA Rischio perforazioni per il Golfo di Taranto, il Mar Ionio e il Canale di Sicilia L'associazione ambientalista chiede al Governo di abbandonare la Strategia Energetica Nazionale approvata nel marzo 2013 che prevedeva il raddoppio della produzione nazionale di idrocarburi

Dopo aver colonizzato tutto l'Adriatico, il rischio perforazioni per l'estrazione degli idrocarburi non cessa per il Golfo di Taranto, il Mar Ionio e il Canale di Sicilia e si estende ad un'area di mare grande quanto la Corsica tra la Sardegna e le Baleari. Questo è quanto emerge dalla "operazione verità" del Wwf sulla mappa delle trivellazioni nei nostri mari dopo, che il 4 settembre scorso il ministro per lo Sviluppo economico Zanonato ha annunciato di avere tolto, con il Decreto Ministeriale del 9/8/2013, 116.000 kmq di aree marine aperte ai petrolieri.
Nel dossier "Trivelle in vista" l'associazione ambientalista denuncia che il decreto ministeriale del Mise non fa che delimitare la nuova mappa delle aree di interdizione (a 12 miglia dalle aree protette costiere e marina e dalle linee di costa), ma niente dice sull'effetto sanatoria per tutti i procedimenti in corso al 29 giugno 2010 dell'articolo 35 del "decreto sviluppo" del 2012 né presenta un calcolo di quanti Kmq sono di fatto già interessati da istanze, permessi di ricerca e concessioni di coltivazione di idrocarburi pur ricadendo nelle zone oggi interdette.
Zone di pregio marine e costiere continuano quindi, secondo il dossier del Wwf, a subire le minacce di inquinamento marino derivante da attività quali l'uso dell'air gun e di fanghi e fluidi perforanti durante le attività di ricerca e perforazione e rilascio delle acque di produzione, e di incidenti per le piattaforme offhsore. Pur ricadendo nelle aree interdette dal Dm 9/2013 sono ad esempio del tutto valide l'istanza di coltivazione Ombrina Mare (a 6 km dall'istituendo parco della Costa Teatina in Abruzzo) della Medoil Gas, e il permesso di ricerca dell'Audax di 657 kmq a Pantelleria nel Canale di Sicilia; salve anche le 8 istanze di permesso di ricerca della baia di Taranto.
Per uscire da questa situazione il Wwf chiede al Governo di abbandonare la Strategia Energetica Nazionale approvata nel marzo 2013 che prevedeva il raddoppio della produzione nazionale di idrocarburi, e di avviare una roadmap per la decarbonizzazione per il futuro economico ed ecologico del Paese. Sulla base dei dati forniti dallo Ministero per lo Sviluppo economico, ricorda il Wwf, nei nostri fondali marini ci sono 10,3 milioni di tonnellate di petrolio di riserve certe che, stando ai consumi attuali, coprirebbero il fabbisogno nazionale per sole 7 settimane. Anche attingendo al petrolio presente nel sottosuolo, concentrato soprattutto in Basilicata, il totale delle riserve certe nel nostro Paese verrebbe consumato in appena 13 mesi.
Ad oggi, secondo quanto documentato nel dossier "Trivelle in vista", sono attive nei mari italiani tre istanze di permesso di prospezione (in un'area di 30.810 kmq), 31 istanze di permesso di ricerca (in un'area di circa 14.546 kmq), 22 permessi di ricerca (in un'area di circa 7.826 kmq), 10 istanze di coltivazione (in un'area di circa 1.037 kmq), 67 concessioni di coltivazione (che occupano un area pari a 9.025 kmq) con 396 pozzi produttivi in mare di cui 335 a gas e 61 a petrolio. 104 sono le piattaforme di produzione, 8 sono le piattaforme di supporto alla produzione, 2 unità galleggianti di stoccaggio temporaneo e un'unità galleggiante di stoccaggio trasbordo e produzione.

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TUTTO PER SPORT “AVEVO UN PENE FINTO, MA NON ERA PER IL DOPING!” - L’ATLETA BECCATO CON UN PISELLO DI PLASTICA SMENTISCE DI ESSERSI DROGATO: “CHE FIGURACCIA, ERA MEGLIO IL DOPING” (INVECE COS’ERA, UN SIMPATICO “STRAP-ON”?)

"L'ho fatto, ma non per quello. Cioè: il pene finto è mio, mica posso negarlo, ma niente doping. Devis Licciardi, l'atleta al centro del caso nato sabato pomeriggio a Molfetta nei controlli successivi al campionato italiano dei 10 chilometri su strada, dice più o meno questo. Anche se aspetta, aspetta l'esito del nuovo esame, pure ematico, effettuato domenica nella caserma dell'Aeronautica di Vigna di Valle, a trenta chilometri da Roma, il suo ex gruppo sportivo, il suo ex posto di lavoro. "Ho lasciato tutto, era il minimo che potessi fare dopo la figuraccia e il danno di immagine creato".CONFERMA - Licciardi ha risposto stamattina alle domande del viceprocuratore antidoping del Coni, Mario Vigna. "Lo sputtanamento c'è, non lo nego, ma non ho la coscienza sporca". Ma allora perché l'ha fatto, perché esporsi a questa figuraccia che è arrivata persino sulle colonne del New Zealand Herald? "È un aspetto che... Per ora è meglio che non risponda".
Licciardi parla di "cure" e di "problemi", qualcosa che evidentemente, una verità che per ora ha consegnato soltanto agli investigatori, ma non vuole pronunciare pubblicamente. "Ma aspettate: ho avuto dei problemi, ma non sono un matto". All'uscita della Tribuna Tevere, il mezzofondista varesino giura che il famoso fallo di plastica contenente l'urina pulita per truffare l'antidoping se l'era comprato via internet, soltanto all'inizio di settembre. "Nei tre controlli effettuati durante la stagione non ho usato niente"A Molfetta si è ritirato perché il ritmo era troppo folle. Poi il controllo incriminato. E lo "sputtanamento", come lo chiama lui, pure sulla rete. "Ma per sdrammatizzare ho visto quello che scrivevano su di me su facebook, è stato un modo per sorridere"MISTERO - Ma si rende conto di quello che ha fatto? Cos'è stata? Paura? "Ora non posso dirlo. Verrà il momento". A Roma si è presentato peraltro senza avvocato, accompagnato dalla fidanzata. "Stava tutto sul tavolo, che potevo negare?". Però questi miglioramenti pazzeschi in una stagione? Per chi conosce l'atletica 17 secondi in un colpo solo sui 3000 siepi a 27 anni non è proprio una cosa normale..."Chiedete in giro, si diceva di me: questo è un fenomeno. In allenamento ero fortissimo, avevo un blocco psicologico in gara".

Da ALEN shoes&bags via F.Cavallotti 59/a 74123 Taranto Nuovi Arrivi per la Collezione Autunno Inverno 2013/2014 Scarpe Bambino Sneaker velcri ASSO 100% Made in Italy Pelle Nera

C’è voglia di colore e un’infinità di riflessi luminosi nella nuova collezione ASSO! Suggestioni street fashion si mixano a decisi accenti rock, con un twist romantico decisamente contemporaneo. A partire dalle ballerine, letteralmente ricoperte di strass, glitter e mini-borchie, come fossero rivestite di polvere di stelle. Ricche di dettagli come fiocchetti, cuoricini e applicazioni hanno cinturino alla caviglia nelle numerate più basse e sono in pelle, vernice e suede. Accendono di luce toni di rosso, argento, blu notte, ma non dicono no al malva e al rosa antico.
Le comodissime action shoes sono sempre molto amate dalle girls ASSO, che possono scegliere fra chiusura in velcro o lacci. ASSO le propone in blue navy, melanzana e nero con inserti che giocano su contrasti lucido/opaco, oppure con disegni sognati e dediche di strass.
Desert boots stilose sfoggiano nuances sobrie, la morbidezza vellutata delle pelli scamosciate con cuciture ben in vista, calde fodere in tartan. Acquistano un carattere unico e tinte più accese nella versione montata su fondo sporty, mentre nelle numerate baby si arricchiscono di decori davvero graziosi.
Le basket con chiusura strap per i boys richiamano sfide leggendarie; quelle stringate invece lo stile più college dei campus americani. Ma nell’autunno/inverno delle girls di ASSO non mancano dettagli metallici e citazioni rock all-over. Ecco che le sneakers assumono un tono più fashion con tomaie in pelle lucida, zip laterali, rivetti, pavé di borchie e cabochon multicolor. Lo street style dal sapore vintage premia inserti in pelle in tono con il fondo gomma e le stringhe bianche.
Caposaldo della collezione ASSO per la stagione fredda restano in ogni caso gli stivali: strizzano sapientemente l’occhio alle tendenze moda senza abbandonare la loro estrema calzabilità. I bikers come i tronchetti e i camperos prediligono toni dark, hanno i gambali solcati da cinghie in pelle borchiate, zip e maxi-fibbie metalliche, sono ricoperti da finti calzettoni in maglia che brillano grazie ai maxi-strass applicati. Nelle varianti più dolci, specie nelle calzate primi passi, si arricchiscono di giochi di stelle, cuoricini e nastri di velluto.
Per le Miss più ricercate, ecco soft-boots a prova d’acqua: con gambali imbottiti matelassé e un’infinità di applicazioni brillanti. Gli anfibi sono altrettanto elaborati, con mini-charms, decori ramage floreali e fibbie oversize. Oppure fanno proprio lo stile military/punk in ben 8 varianti colore!
Per il city-team dei boys, ASSO104 propone work boots con chiusura velcro e fondo carro armato, oppure sneaker alte alla caviglia, l’essenziale è che abbiano inserti e impunture a contrasto. Nell’autunno/inverno 2013-14 ASSO rinnova la sua promessa di comodità e stile, con un gusto moda attuale e tanta, tanta grinta!