La direttiva sulla responsabilità ambientale, sancisce infatti il principio «chi inquina paga». Per questo
motivo, su raccomandazione del Commissario per l'ambiente Janez Potocnik la Commissione ha inviato all'Italia una lettera di costituzione in mora, concedendole due mesi per rispondere. Secondo quanto spiegano a Bruxelles, la maggior parte dei problemi deriva dalla «mancata riduzione degli elevati livelli di emissioni non controllate generate durante il processo di produzione dell'acciaio». Ai sensi della direttiva sulla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento (direttiva Ippc) le attività industriali ad alto potenziale inquinante devono infatti essere munite di autorizzazione.
Le prove di laboratorio «evidenziano un forte inquinamento dell'aria, del suolo, delle acque di superficie e delle falde acquifere, sia sul sito dell'Ilva, sia nelle zone abitate adiacenti della città di Taranto. In particolare, l'inquinamento del quartiere cittadino di Tamburi è riconducibile alle attività dell'acciaieria», dice Bruxelles. Oltre a queste violazioni della direttiva Ippc e al conseguente inquinamento, risulta che «le autorità italiane non hanno garantito che l'operatore dello stabilimento dell'Ilva di Taranto adottasse le misure correttive necessarie e sostenesse i costi di tali misure per rimediare ai danni già causati».
«Le autorità italiane hanno avuto molto tempo per garantire che le disposizioni ambientali per l'Ilva di Taranto fossero rispettate. Quello dell'Ilva è un chiaro esempio del fallimento nell'adottare misure adeguate per proteggere la salute umana e l'ambiente», sottolinea il commissario Ue all'Ambiente all'agenzia Ansa. «Le autorità italiane hanno avuto molto tempo nel caso dell'Ilva di Taranto per garantire che le disposizioni ambientali pertinenti fossero rispettate», spiega Potocnik.
«Nonostante una procedura di infrazione che la Commissione ha avviato nel 2008 a causa di centinaia di stabilimenti che in Italia operavano senza le necessarie autorizzazioni ambientali previste dalla direttiva Ippc - evidenzia ancora il commissario europeo - lo stabilimento di Taranto ha ottenuto un'autorizzazione Ippc solo nel 2011, e il permesso poi ritenuto inadeguato, era stato aggiornato nel 2012. In più ci sono prove di contini gravi problemi nella zona».

 
 
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