sabato 23 novembre 2013

TARANTO - In 615 ieri mattina hanno detto “Lo giuro!”. L’urlo di questi giovani marinai, tra i quali 94 donne, passerà alla storia perché è l’ultimo nella piazza d’armi di Maricentro Taranto. Dopo il giuramento di Santa Cecilia, una giornata solitamente di festa e musica per la città dei due mari, oltre che di pettole fritte sin dall’alba, non ce ne saranno infatti altri al Centro selezione, addestramento e formazione del personale volontario della Marina militare. La riorganizzazione della Difesa non ha risparmiato le attività della struttura di via Cagni, che però permarranno a Taranto. Solo che saranno trasferite a San Vito, dove già stanno emigrando diversi comparti della Marina militare ionica. La cerimonia si è svolta secondo le consuete modalità sotto la direzione del comandante dell’Istituto, il capitano di vascello Alessandro Mino, alla presenza del comandante delle Scuole della Marina militare, l’ammiraglio di squadra Gerald Talarico, dell’ammiraglio di squadra Ermenegildo Ugazzi, comandante di Maridipart e delle massime autorità civili, religiose e militari del territorio. I 615 volontari in ferma prefissata di un anno, appartengono al terzo blocco - anno 2013, e sono giunti al Maricentro il 21 ottobre scorso, dopo aver superato un’accurata selezione. I ragazzi hanno quindi frequentato un corso formativo di base durante il quale hanno acquisito i primi elementi militari. La cerimonia di ieri mattina ha rappresentato l’ultima tappa di un serio e scrupoloso addestramento iniziale. Adesso, circa il 55 per cento dei ragazzi che ieri ha pronunciato la rituale formula di giuramento, raggiungerà la prima destinazione entro il 3 dicembre prossimo. Il restante 45 per cento lo farà dopo aver frequentato i corsi di abilitazione e specializzazione all’interno dell’Istituto per conseguire le mansioni di “Maestro di cucina e mensa” (Mcm) e “Servizio Difesa installazioni” (Sdi). Questi corsi dureranno rispettivamente un mese ed una settimana. Inoltre, al termine del periodo di ferma di un anno, i ragazzi potranno partecipare ai concorsi per l’ar ruolamento dei volontari in ferma quadriennale e concorrere per accedere alle carriere iniziali delle forze di Polizia ad ordinamento militare e civile e del corpo militare della Croce Rossa. E non è un caso che al corso sia stata data la denominazione di “Summus”, dal latino “Ultimo, grande, supremo”. “Questo corso entra nella storia della Marina militare e di questa città - hanno spiegato gli allievi - chiudendo un ciclo durato quasi un secolo”. “Vis et intelligentia”, “Forza ed intelligenza”, è invece il motto scelto. Un binomio che racchiude l’auspicio e l’essenza della Marina militare, della sua storia e del suo futuro.


Le Cooperative rosse, la Indesit della famiglia Merloni, massoni di rango e industriali locali: gli uomini dei casalesi addetti al business miliardario del traffico dei rifiuti facevano affari con tutti. È questo lo sconvolgente scenario disegnato da un'informativa della Criminalpol del 1996, che non è mai stata pubblicata e che non ha avuto seguiti giudiziari, ma che è finita qualche mese fa agli atti del processo in corso contro Cipriano Chianese, considerato dai pm napoletani una sorta di «ministro dell'Ambiente» del clan del casertano.
LA VILLA DI SANDOKAN SCHIAVONE jpegLA VILLA DI SANDOKAN SCHIAVONE JPEG
Il documento, trovato da RE Inchieste e da L'Espresso, contiene verbali di interrogatorio inediti di Carmine Schiavone, e decine di intercettazioni tra «manager dell'Indesit» e lo stesso Chianese effettuate tra il 1994 e il 1996. Partiamo da Schiavone. La Criminalpol riporta una dichiarazione fatta dal pentito nel marzo del 1995, in cui - parlando del traffico di rifiuti tossici messo in piedi dal gruppo Bidognetti - si tirano in ballo le cooperative rosse, che qualche tempo prima avevano vinto un grosso appalto per la costruzione di una superstrada nel casertano.
«Nel 1986 iniziammo come clan dei casalesi a scavare dei terreni per fare rilevati per le cooperative rosse, che costruirono la superstrada a Casal di Principe. Nostre ditte che eseguivano i lavori in subappalto compravano questi terreni, oppure addirittura l'intero terreno, dopodiché si scavava e rimanevano queste buche».
LOGO INDESITLOGO INDESIT
Il clan capisce che le cave usate per la costruzione della strada delle coop possono trasformarsi in un nuovo, lucroso affare. Il pentito, le cui rivelazioni sui fanghi nucleari sono state desecretate pochi giorni fa creando sconcerto e paura nella Terra dei Fuochi, ne parlò subito con il suo capo. È il 1988: «Dissi a mio cugino, Francesco "Sandokan" Schiavone: "Guarda, possiamo incassare miliardi per l'immondizia; mio cugino rispose: "Che vogliamo fare? Vogliamo avvelenare Casale?! A quel punto io dissi: "No, allora non se ne fa niente».
Eppure, agli inizi del 1990, in una zona vicina a quei terreni i carabinieri scoprono i primi fusti tossici: l'operazione "monnezza" era iniziata. Carmine Schiavone raccontò di averne chiesto subito conto a Sandokan: «Mio cugino disse che non era stato lui, disse che stava "riempendo" Gaetano Cerci, Francesco "Cicciotto" Bidognetti e l'avvocato Chianese: «Mi disse chiaramente che era iniziato già da un paio d'anni il riempimento sistematico di fusti tossici, di immondizia di città e altro».
RIFIUTI DISCARICA ABUSIVARIFIUTI DISCARICA ABUSIVA
Una parte importante del documento è dedicata alle intercettazioni tra Chianese e alcuni dipendenti dell'Indesit, il colosso dell'elettronica di proprietà della famiglia Merloni. Al telefono con quello che è considerato l'inventore ci sono «Ghirarducci» ed «Esposito», probabilmente alti dirigenti Indesit (mai individuati né indagati, così come non risulta indagato nessuno dei dirigenti del gruppo che oggi si chiama Indesit Company) che avrebbero sfruttato i rapporti d'affari con i broker del gruppo criminale per far scomparire a poco prezzo gli scarti delle fabbriche dei Merloni.
La polizia è lapidaria: «È possibile accertare» si legge nell'informativa «un rapporto commerciale in atto tra l'indagato (Chianese) e la nota azienda per ciò che concerne il ritiro, il trasporto e lo smaltimento degli scarti del ciclo produttivo... L'attività di recupero rifiuti è infatti svolta dall'associazione di imprese Chianese-Giordano, che forte del beneplacito dei vertici amministrativi della Indesit opera con proprie regole e sostanzialmente fuori dai vincoli di legge».
RIFIUTI ELETTRICI ED ELETTRONICIRIFIUTI ELETTRICI ED ELETTRONICI
Le intercettazioni sono decine: i manager parlano con gli uomini dei casalesi di fanghi da smaltire, di vernici, bolle di accompagnamento e giri di denaro. «Lavorammo per due anni» ha spiegato a L'Espresso l'ispettore Roberto Mancini «Tutto finì in una bolla di sapone. Non fu facile portare avanti l'indagine, ho avuto mille ostacoli»
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Indesit Company ha precisato che «non era in nessun modo a conoscenza dei fatti ipotizzati nell'articolo, che questi risalgono a 18 anni fa e che ad oggi non vi è stata alcuna notifica formale da parte delle autorità competenti in materia né alcuna autorità, giudiziaria o amministrativa, ha mai nemmeno ipotizzato irregolarità di alcun genere nella gestione dei rifiuti da parte dell'azienda».

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