sabato 9 novembre 2013

FACCIAMO SUICIDARE I RESPONSABILI DEL DISASTRO Schiacciato dai debiti «Ero pronto a uccidermi ma non è la strada giusta»

TARANTO - Federico Greco, artigiano del marmo, ci mette la faccia. Messo in ginocchio dalla crisi, in una grigia mattina di novembre di due anni fa, non ha più retto alla pressione dei creditori, ai no delle banche alla richiesta di un piccolo prestito, alle tasse da pagare e ha deciso di togliersi di mezzo. «Ero già con il cappio al collo, nel senso letterale del termine, deciso a farla finita. Ma l’istante prima di lanciarmi nel vuoto, sono tornato indietro. E le assicuro, non per vigliaccheria».
Il «coming out» arriva all’improvviso, in un giorno qualunque, molto distante temporalmente dal suo «D-day». «Buongiorno amici miei carissimi - scrive sulla sua bacheca di facebook l’artigiano -, vorrei portare alla vostra attenzione l’enne - simo sacrificio di un impreditore che ieri si è tolto la vita. Gesto estremo di un uomo - scrive ancora Greco riferendosi ad un caso di suicidio avvenuto di recente in Veneto -, che si è sentito abbandonato dal sistema».

Poi arriva la confessione. È una doccia ghiacciata per chi lo conosce. «Esattamente due anni fa, preso dallo sconforto, dalla mancanza di lavoro, dai mancati incassi e dai conseguenti debiti decisi anch’io di farla finita». Il suo racconto è lucido e drammatico. «Quella mattina arrivai in azienda, presi quello che doveva essere il mio ultimo caffè, scrissi una lettera di addio alla mia famiglia, preparai il cappio e lo sistemai su una trave. Poi fumai la mia ultima sigaretta. Ma nel momento del gesto estremo - racconta l’artigiano tarantino -, mi si è aperta la mente. Togliermi la vita non sarebbe servito a nulla. Non mi avrebbe ridato i miei crediti, non avrei più potuto onorare i miei debiti e avrei lasciato la mia famiglia nei guai. Così tolsi il cappio che avevo al collo e iniziai a combattere come ho sempre fatto. Ringrazio Dio che nel momento del mio gesto estremo mi ha illuminato la mente, certo i debiti permangono e le difficoltà pure, ma oggi combatto per la mia vita e non mi lascio vincere dallo sconforto e dalla paura del futuro».

Federico Greco, 45 anni e una famiglia di artigiani del marmo alle spalle, è voluto uscire allo scoperto. «Sento di dover condividere la mia testimonianza, con la speranza che sia di aiuto a quanti come me si sentono soffocati dalla crisi. La mia piccola impresa è rimasta otto mesi, dico otto mesi senza nemmeno un ordine, nè un cliente che si affacciasse sulla soglia. È stato un incubo. Restavo qui dentro e fissavo il soffitto. Poi sono arrivati i pensieri di morte. Ma grazie a Dio e alla mia famiglia io ce l’ho fatta. Grazie anche ai tanti amici di Casartigiani (il sindacato di categoria, ndr) che in tutti questi mesi mi ha sostenuto quando le banche mi hanno chiuso le porte in faccia. Ho ancora tanti debiti, le difficoltà non mancano, ma sono vivo e le mie mani possono ancora dare tanto».
Oggi, a due anni di distanza da quella giornata che gli ha cambiato la vita, Federico Greco è tornato con amore e dedizione a plasmare il suo marmo. «Il cappio è ancora su quella trave. Ogni giorno lo guardo con aria di sfida e mi dico che io so essere più forte della disperazione».

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