TARANTO - Il gruppo Riva ha annunciato che da domani metterà in libertà circa 1.500 addetti che operano nelle 13 società riconducibili alla famiglia e oggetto del sequestro di beni e conti correnti per 916 milioni di euro operato dalla Guardia di finanza nell'ambito dell'inchiesta tarantina per disastro ambientale. Lo rende noto la Uilm nazionale. Riva Acciaio - è scritto in una nota - conferma la cessazione da oggi di tutte le attività dell'azienda, esterne al perimetro gestionale dell'Ilva, e relative a sette stabilimenti in cui sono impiegati circa 1.400 persone. La decisione viene motivata con il sequestro preventivo penale del Gip di Taranto.
I SITI - La messa in libertà riguarderebbe vari siti produttivi che il gruppo Riva possiede in tutta Italia. Nel capoluogo ionico l'unica società interessata è «Taranto Energia», che conta 114 dipendenti. Riva Acciaio, quindi spiega che cesseranno tutte le attività dell'azienda, tra cui quelle produttive degli stabilimenti di Verona, Caronno Pertusella (Varese), Lesegno (Cuneo), Malegno, Sellero, Cerveno (Brescia) e Annone Brianza (Lecco) e di servizi e trasporti (Riva Energia e Muzzana Trasporti). «Tali attività non rientrano nel perimetro gestionale dell'Ilva - prosegue l'azienda - e non hanno quindi alcun legame con le vicende giudiziarie che hanno interessato lo stabilimento Ilva di Taranto. La decisione, comunicata al custode dei beni cautelari, Mario Tagarelli, e illustrata alle rappresentanze sindacali dei diversi stabilimenti coinvolti, si è resa purtroppo necessaria poiché il provvedimento di sequestro preventivo penale del Gip di Taranto, datato 22 maggio e 17 luglio 2013 e comunicato il 9 settembre, in base al quale vengono sottratti a Riva Acciaio i cespiti aziendali, tra cui gli stabilimenti produttivi, e vengono sequestrati i saldi attivi di conto corrente e si attua di conseguenza il blocco delle attività bancarie, impedendo il normale ciclo di pagamenti aziendali, fa sì che non esistano più le condizioni operative ed economiche per la prosecuzione della normale attività. Riva Acciaio impugnerà naturalmente nelle sedi competenti il provvedimento di sequestro, già attuato nei confronti della controllante Riva Forni Elettrici e inopinatamente esteso al patrimonio dell'azienda - conclude l'azienda -, in lesione della sua autonomia giuridica, ma nel frattempo deve procedere alla sospensione delle attività e alla messa in sicurezza degli impianti cui seguirà, nei tempi e nei modi previsti dalla legge, la sospensione delle prestazioni lavorative del personale a esclusione degli addetti alla messa in sicurezza, conservazione e guardiani degli stabilimenti e dei beni aziendali».
LA FURIA DI FEDERACCIAI - «Il drammatico provvedimento preso e comunicato da Riva Acciaio rappresenta l'esito annunciato di un accanimento giudiziario senza precedenti, da me ripetutamente denunciato già in tempi non sospetti». Così il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, sulla decisione di Riva di chiudere gli impianti italiani. «È la conseguenza - ha dichiarato Gozzi a margine del funerale di Steno Marcegaglia - di un braccio di ferro tra magistratura e Governo, con la magistratura che ha prevalso vanificando, di fatto, ben due leggi dello Stato, la legge 231 e quella successiva sul commissariamento».
Marco Bentivogli 
L'ATTACCO DEI SINDACATI - «Diffidiamo l'azienda a mettere in libertà il personale - attacca Marco Bentivogli segretario nazionale Fim-Cisl -, ma la procura configuri il provvedimento affinché vi sia continuità produttiva. All'indomani del provvedimento di confisca dei beni riferiti alla famiglia Riva e alle società da esse controllate siamo di fronte - afferma Bentivogli - ad un ennesimo epilogo inaccettabile: l'azienda ci ha appena comunicato dell'impossibilità di poter dar continuità produttiva e lavorativa e sta predisponendo in tutti gli stabilimenti di Riva forni elettrici, ex Riva acciaio, la messa in libertà immediata di tutto il personale». «Ancora una volta - chiarisce Mario Ghini, segretario nazionale della Uilm - le iniziative disposte dagli uffici del giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Taranto determinano una ripercussione negativa sulla produzione siderurgica nazionale e sugli approvvigionamenti d'acciaio utili alle imprese manifatturiere italiane ed estere. Se è vero che le parti sociali, datoriali ed istituzionali sono tutte coinvolte nel raggiungimento di un coerente equilibrio tra azioni di risanamento ambientale e ripristino produttivo relative al sito di Taranto, è inconcepibile che si mini la ripresa e l'occupazione confiscando strutture in questo caso riconducibili a Ilva Spa, a Riva Forni Elettrici Spa, a Riva Fire Spa. Siamo favorevoli affinché nessuna lentezza nelle procedure autorizzative possa bloccare i lavori previsti dal piano Ambiente per l'Ilva, ma non possiamo accettare che produzione ed occupabilità delle aziende collegate paghino in modo così pesante e costante».
Flavio Tosi, sindaco di Verona 
TOSI: «A RISCHIO IL FUTURO» - «Ho espresso, attraverso il direttore dello stabilimento veronese, vicinanza all'azienda, al management e ai dipendenti». Lo ha detto il Sindaco di Verona, Flavio Tosi, nell'apprendere la notizia del fermo degli stabilimenti di Riva Acciaio, «dopo che un magistrato ha bloccato i conti correnti dell'azienda». «È giusto - ha detto Tosi - tutelare la salute, combattere l'inquinamento e prendere provvedimenti per evitarlo, risanando dove ci sono state problematiche, ma in un momento di gravissima crisi economica che un provvedimento di un magistrato arrivi a costringere alla chiusura un'azienda di quelle dimensioni, che dà lavoro a decine di migliaia di famiglie, nella nostra città sono più di 500 oltre all'indotto, dà l'idea di un Paese ridicolo. In nessun Paese del mondo occidentale potrebbe succedere una cosa del genere. Non mi sembra ispirato al buon senso un provvedimento che causa all'azienda e a migliaia di suoi dipendenti un danno enorme, che potrebbe diventare irreparabile. Saremo a fianco dell'Azienda e dei suoi dipendenti per la salvaguardia dell'occupazione e di un pezzo fondamentale dell'economia del Paese; facciamo appello al Governo e al Presidente Napolitano affinchè siano adottati provvedimenti atti a impedire che i convincimenti personali di un singolo magistrato possano calpestare la volontà delle comunità coinvolte e l'interesse nazionale».
12 settembre 2013
 
 
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