Chiudere l’Ilva non serve a migliorare la situazione ambientale di Taranto, perchè se ciò avvenisse "sarà impossibile bonificare quell'area". La bonifica è possibile "solo se l’Ilva esiste ed investe nella bonifica una parte dei profitti, altrimenti si rischia di finire come a Bagnoli". Parola di Giorgio Assennato, direttore generale dell’Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) Puglia.
L’occasione per ribadire il pensiero sul futuro ambientale del capoluogo ionico è stata, per Assennato, una conferenza stampa convocata per fare precisazioni su alcune circostanze dell’inchiesta tarantina per disastro ambientale a carico dell’Ilva riportate da organi di stampa. In quell'inchiesta Assennato figura da indagato per favoreggiamento personale nei confronti del presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, in relazione a presunte pressioni che avrebbe subito perchè 'ammorbidissè una relazione sulle emissioni inquinanti dell’Ilva.
Ma il dg di Arpa Puglia, che ha sempre negato di avere subito pressioni, oggi è andato oltre, criticando l’operato del governo Letta. Ai cronisti che gli chiedevano cosa pensasse dell’eventuale varo di un altro decreto per accelerare le procedure di Valutazione di impatto ambientale per gli adeguamenti impiantistici imposti dall’Aia per l’Ilva, Assennato ha risposto che "sarebbe la dimostrazione che il governo non è in grado di gestire questi problemi". "Alla riunione di ieri a Palazzo Chigi – ha aggiunto – oltre ai commissari c'era solo il Prefetto di Taranto, non invitate le istituzioni intermedie. Non si affrontano così i problemi". Per Assennato, peraltro, la nuova Aia per l’Ilva di Taranto "ha dimezzato il rischio sanitario", ma "la situazione del quartiere Tamburi (la zona più a ridosso del Siderurgico, ndr) - ha spiegato – impone o il miglioramento degli impianti sul piano ambientale o la riduzione della produzione, altrimenti, quando l'Ilva tornerà a regime, il rischio sanitario resterebbe inaccettabile".
Il dg di Arpa Puglia ha quindi respinto l’accusa, contenuta negli atti dell’inchiesta, di aver inviato nel luglio del 2010 all’Ilva, ma non alla Procura della Repubblica di Taranto, l'esito di monitoraggi su sostanze inquinanti emesse dall’Ilva, favorendo così indirettamente l’azienda siderurgica. "Non è vero" ha detto, consegnando ai cronisti copia della relazione di 25 pagine redatta su richiesta del procuratore di Taranto, Franco Sebastio, risalente al 7 giugno 2010, relazione inviata alla Procura il 9 luglio 2010 lagazzettadelmezzogiorno

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